È una pioggia di tagli la legge di stabilità, e man mano che si va definendo emergono nuove sorprese. Spiacevoli. Ad esempio, le Regioni hanno calcolato che oltre ai 5,8 miliardi di minori entrate già calcolate (i 4 di Renzi più il lascito dei governi Monti e Letta), dovranno rinunciare a ulteriori 450 milioni di euro a causa della prevista riforma dell’Irap. Ancora, secondo i conti dell’associazione Link, all’università potrebbero venire a mancare 300 milioni. E i consumatori denunciano il rischio di una possibile stangata da 606 euro a famiglia.

Ma soprattutto a far discutere è il “bonus neomamma” o “bonus bebé” annunciato a sorpresa domenica sera da Matteo Renzi durante la trasmissione di Barbara D’Urso: costo 500 milioni di euro per il primo anno. Ovviamente, come d’altronde tutto il resto della legge, non è ancora specificato, ma secondo le dichiarazioni della ministra Beatrice Lorenzin (che in quanto Ncd intesta al proprio partito questo sostegno alle famiglie) si tratterebbe di 80 euro al mese nei primi 3 anni di vita del bambino, per i nati dal 2015 in poi: andrebbero ai nuclei con uno o più figli e con reddito annuo fino a 90 mila euro, mentre dai 90 mila euro in su se ne avrebbe diritto solo dal terzo figlio in poi. Per i redditi fino a 26 mila euro si sommerà agli 80 euro da bonus Irpef.

La misura è stata criticata da Pippo Civati – che ha anche annunciato il voto contrario sullo “Sblocca Italia” – e per la stesse ragioni addotte dal piddino “dissidente” ha mostrato perplessità la Cgil: «Sono soldi spesi male – osserva Rossana Dettori, segretaria Fp Cgil – Con le stesse risorse messe sul piatto dal presidente del consiglio, 500 milioni in 3 anni, si potrebbero attivare 1000 asili per 60 mila bambini, creando al tempo stesso 12 mila posti di lavoro».

Attacca la norma anche la leader Cgil, Susanna Camusso: «Non so se l’intervento potrà essere coperto dal fondo previsto nella legge di stabilità e mi colpisce che non si decida mai una politica organica sulla povertà – commenta – Ci vedo anche il rischio che possa essere contraddittorio con il lavoro delle donne».

Sul fronte delle Regioni ancora si tratta. Il presidente della Conferenza dei governatori, Sergio Chiamparino, ha proposto uno scambio: le amministrazioni rinuncerebbero ai 2 miliardi destinati alla sanità dal Patto per la salute, rimodulando in cambio i 4 miliardi di tagli previsti da Renzi. Soldi che però, come abbiamo già detto, in realtà si vanno a sommare ad altre cifre decurtate.

Il coordinatore degli assessori al Bilancio, Massimo Garavaglia (Lombardia), ha calcolato che «oltre ai 5,8 miliardi di tagli (tra Salva-Italia, dl Irpef e legge di Stabilità 2015), le Regioni dal prossimo anno dovranno far fronte anche a un calo del gettito di 450 milioni per effetto del taglio dell’Irap proposto dal governo». Quindi la triade Monti-Letta-Renzi peserebbe per 6,2 miliardi su bilanci già disastrati.

Catastrofico anche il costo per le università: «L’articolo 28 della legge di stabilità prevede tagli per centinaia di milioni di euro su spese e servizi – spiega l’associazione studentesca Link – Vanno aggiunti 18,8 milioni di decurtazione del Fondo 2015-2016 prevista dal decreto Irpef e 170 milioni di tagli già disposti per il 2015 e non abrogati. Sono 287,5 i milioni di euro di tagli previsti per il 2015».

Secondo Adusbef e Federconsumatori, la manovra è «recessiva e con coperture aleatorie, come il recupero di 3,8 miliardi di evasione. Inoltre «addossa a Sanità, Regioni ed enti Locali oneri per circa 8 miliardi di euro che dovranno essere coperti da nuove tasse, stimate in almeno 330 euro per ogni nucleo familiare, anche per pagare l’Irap delle imprese». Ma ci sono anche «14 euro dall’inasprimento delle tasse sui fondi pensione; 23 euro dall’anticipo Tfr delle banche; 239 euro per la clausola di salvaguardia rincaro Iva dal 4 al 10% su pane, latte, pasta. Per un totale di 606 euro».

Lo sgravio contributivo sui neoassunti, infine, ha spiegato il consulente di Renzi, Yoram Gutgeld, varrà 1,9 miliardi di euro: dai 6200 agli 8060 euro l’anno, dando luogo secondo il governo a ben 800 mila nuovi posti in 3 anni.