La legge di bilancio c’è, arricchita da ulteriori 5 articoli per un totale di 248, dopo che nella mattinata di ieri sembrava invece destinata a diventare un po’ più smilza. Il consiglio dei ministri la ha infine approvata ieri ma alla Camera il testo non è ancora stato consegnato. Probabilmente oggi, forse domani. Segno che qualche limatura è ancora necessaria. Poche le novità: la principale è lo stanziamento di 400 milioni, sui 38 miliardi complessivi, per il Piano vaccini.

I TEMPI DILATATI della manovra non sono dipesi e non dipendono, come d’abitudine, dal rituale «assalto alla diligenza» ma dal fatto che l’intera manovra, di cui la legge di bilancio è solo una componente, resta piuttosto confusa. La legge, fatti salvi alcuni corposi stanziamenti come quello per le casse integrazione, dovrebbe occuparsi soprattutto del fronte investimenti, aprendo la strada al Recovery Plan italiano finanziato con i fondi del Next Generation Eu, al momento bloccato a Bruxelles.

Anche se di tali investimenti quasi non c’è traccia nel testo. Il grosso dell’assistenza alle categorie colpite dalle nuove chiusure, dovrebbe passare per un nuovo scostamento di bilancio, che sarà deciso questa settimana per poi arrivare alle Camere il 25 novembre. La cifra non è ancora quantificata: sarà cospicua, forse non basteranno neppure i 20 miliardi sin qui ipotizzati come massimo della forbice prevista, il minimo essendo invece 15.

Per i sussidi di prontissimo intervento ci dovrebbe essere, oltre ai due dl Ristori in discussione, un terzo Ristori, che confluirebbe con gli altri due in un decretone e che dovrebbe riguardare anche le categorie rimaste tagliate fuori dagli altri due decreti.

MA SE SIN QUI era considerato certo che anche questo terzo decreto, come i due precedenti, sarebbe stato finanziato con «i risparmi» delle misure già varate durante la prima crisi, ieri si è affacciata l’idea di coprire il terzo Ristori con lo scostamento di bilancio, facendone di conseguenza lievitare la portata sin qui immaginata intorno ai 2 miliardi. Anche perché nel Ristori-ter dovrebbero trovare posto alcune misure rimaste fuori dalla manovra. Trattasi insomma di un esercizio di alta ragioneria, reso ancor più confuso dall’impossibilità di prevedere oggi quali sostegni saranno realmente necessari.

Lo scostamento tuttavia è certo, e dunque lo è anche la puntuale necessità di trovare i voti necessari, cioè la maggioranza assoluta degli aventi diritto. Alla Camera è facile, al Senato un po’ meno, dato il margine esiguo della maggioranza. Il rischio in realtà è limitato: anche gli ex 5S, per quanto critici siano con il governo, non negheranno un voto necessario per ristorare chi di aiuto ha oggi estremo bisogno.

La maggioranza, soprattutto Pd e Iv, vorrebbe però ottenere un voto compatto del parlamento, sia perché il segnale unitario al Paese sarebbe in questo caso di una certa importanza e non limitato alla retorica, sia perché dividersi sullo scostamento sarebbe il modo peggiore per avviare una fase, se non proprio di dialogo, almeno di minor belligeranza tra maggioranza e opposizione. Ma anche questa è un’impresa difficile. Berlusconi è di gran lunga il più disponibile nei confronti della maggioranza, sia perché sopporta sempre meno i due rumorosi alleati, Lega e FdI, sia perché ha bisogno dell’emendamento che offre alla sua Mediaset uno scudo contro la scalata ostile di Vivendi.

Anche lui, però, pone condizioni: semestre bianco fiscale per chi si trova in maggiori difficoltà, indennizzo immediato per chi ha dovuto chiudere un’ attività, saldo dei debiti della Pa.

IERI GOFFREDO BETTINI, uno dei padri di questo governo e ancora molto ascoltato da Zingaretti, ha lanciato un grido, tramite lettera al Corriere: «C’è stata un’apertura da parte di Fi. La si raccolga senza indugi». Non succederà o succederà solo formalmente. Certo sulla legge di bilancio alla Camera ci sarà anche un relatore azzurro, e il segnale è preciso.

Ma più di questo Conte e i 5S non concederanno. L’obiettivo di Bettini è arrivare, al termine della crisi Covid, non a un rimpasto ma a un vero Conte-ter, sostenuto da un’opposizione molto benevola di Fi, con dentro tecnici di alta qualità e leader di partito come Zingaretti e forse anche il Di Maio tornato leader di fatto dei 5S. Conte perderebbe buona parte della sua centralità. Per quanto la sua immagine sia ammaccata dalla disastrosa gestione della seconda crisi Covid, non ha alcuna intenzione di prestarsi al gioco.