La morsa europea si chiude sul governo gialloverde. Conte, che ha chiesto e ottenuto una sorta di delega in bianco per il negoziato con Bruxelles, è ormai convinto che si debba a ogni costo evitare la procedura d’infrazione e che l’atto di resa debba essere siglato entro il 17 dicembre, in tempo cioè per evitare che il 19 la commissione avvii ufficialmente la procedura e presenti all’Italia le sue «raccomandazioni», cioè il suo ultimatum. I passaggi necessari per arrivare a quel punto erano pura formalità e si sono esauriti ieri, con la riunione dell’Eurogruppo che, come era certo, ha fatto propria la posizione della commissione. Fosse per alcuni governi, anzi, la linea avrebbe dovuto essere persino più intransigente.

PER IL GOVERNO ITALIANO il prezzo della resa sarà molto più salato di quanto non immaginassero Salvini e Di Maio quando, alla vigilia della cena di Bruxelles tra Juncker e Conte, avevano aperto lo spiraglio che, in una trattativa spietata come quella in corso, creava un varco destinato, da quel momento in poi, ad allargarsi. I vicepremier puntavano a concedere due decimali nel deficit, portandolo al 2,2%. Tanto per inanellare ruggiti a vuoto ai troppi sparsi con generosità nei mesi scorsi avevano anche sottolineato che oltre quel confine non si poteva andare. Per Di Maio, anzi, era già troppo. Invece, se vogliono evitare uno scontro senza prigionieri, dovranno scendere all’1,9%, meno di quanto avrebbero ottenuto trattando prima del Def. L’asticella potrebbe poi salire fino al 2% ma rispettando i rituali di Bruxelles, cioè invocando flessibilità per le spese dovute al maltempo.

NON È AFFATTO DETTO che basti l’intervento sui saldi, tra i 7 e gli 8 miliardi in meno rispetto a quelli previsti nella manovra, però. A leggere tra le righe gli interventi paludati ma non evasivi dei commissari europei, infatti, si capisce che le modifiche dovranno essere sia quantitative che qualitative. Il vicepresidente Dombrovskis, dopo aver incontrato Tria e dopo l’auspicio comune di chiudere felicemente la vertenza, ha infatti chiarito ancora una volta la situazione. Il «cambio di toni» da parte di Roma va bene, ma per evitare la procedura ci vuole «una correzione consistente». Moscovici è stato anche più drastico. Il nuovo corso va nella giusta direzione però «il gap con le regole è ancora ampio e quindi ancora non ci siamo».

IL COMMISSARIO all’Economia non si risparmia e illustra cosa deve essere fatto: un passettino almeno sulla strada della riduzione del deficit strutturale. Moscovici fa capire che basterebbe molto poco, anche un solo decimale di riduzione. Il problema è che l’impianto della manovra di decimali ne prevede già 8 ma in più non in meno. Per recuperare bisognerà rivedere non solo i saldi ma anche le riforme. La commissione, insomma, non sembra affatto rassegnata a ingoiare quella quota 100 che sin dall’inizio è il principale obiettivo nel suo mirino. Moscovici sottolinea che i tempi della procedura dipendono tutti e solo dalla commissione, la quale porterà avanti i due percorsi parallelamente: la trattativa e la marcia della procedura ove la strada preferita fallisse. Dialogo sì, ma con la pistola carica sul tavolo.

SALVINI REAGISCE cercando di arrampicarsi sugli specchi: «Quota 100 ci sarà e lavoriamo sui contenuti non sui decimali». Un gioco di parole. Conte assicura che non sta lavorando per scendere sotto il 2%: «Lavoro al mio grande obiettivo: una soluzione condivisa per evitare la procedura». Reticenza pura. Ma il governo è davvero sotto un assedio ormai strettissimo. Ieri l’offensiva del presidente di Confindustria Boccia è stata violenta: «La pazienza è al limite. Se Conte non convince i vicepremier ad arretrare togliendo due miliardi per uno dalle loro riforme dovrebbe dimettersi». Per Goldman Sachs neppure un accordo con Bruxelles basterebbe a stornare la tempesta: «L’Italia getta una nube oscura sui mercati europei e le cose, prima di migliorare, potrebbero dover peggiorare». A cambiare la politica economica, prosegue, non sarà la Ue. Saranno i mercati.

IN QUESTA SITUAZIONE si capisce che la marcia della manovra in commissione Bilancio alla Camera proceda a rilento. L’obiettivo sarebbe portarla in aula mercoledì, ma ieri c’è stato un nuovo stop sull’emendamento che permette ai risparmiatori danneggiati dalle banche fallite di procedere legalmente anche se parzialmente rimborsati. Poi lo scoglio è stato aggirato ma la manovra vera e propria la si vedrà solo al Senato.