«Questa è una sede istituzionale, quindi non parlerò di referendum», spiega il presidente del consiglio Matteo Renzi illustrando in conferenza stampa a Palazzo Chigi la legge di Bilancio 2017. Ma in realtà la macchina delle promesse, della propaganda e delle slide non si ferma: «La nostra filosofia è meno tasse e più diritti». «E se continuiamo il nostro lavoro, come spero e credo, manca solo l’Irpef». Il premier rivendica insomma che fin dall’inizio il suo è stato «un governo di bonus dopo 30 anni di malus» e spiega che questa manovra è impostata su «competitività ed equità». Ma non convince tutti: i sindacati del pubblico impiego annunciano mobilitazioni visto che ritengono «insufficienti» le risorse per i contratti, le opposizioni parlano di «mance elettorali» e di «Babbo Natale arrivato in anticipo», tanti pensionati restano delusi perché l’Ape social non verrà migliorata, conservando i gravi limiti già messi in evidenza venerdì dalla Cgil.

I numeri sono cambiati rispetto alle cifre circolate e alla Nota di aggiornamento al Def di qualche settimana fa: innanzitutto la manovra sarà di 26,5 miliardi anziché di 24,5, e questo in forza di un’altra modifica, quella del rapporto deficit/Pil. Il governo ha ritenuto di poter innalzare lo squilibrio dal 2% previsto al 2,3%: non è il 2,4% a cui avrebbe puntato, ma è poco più alto del 2,2% su cui si attestavano le stime degli analisti. «Non si tratta di flessibilità – ha spiegato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan – ma è una particolare attenzione legata alle spese eccezionali come il sisma in Italia e il fenomeno migratorio». Quanto al giudizio che dovrà arrivare dall’Europa, Padoan ha spiegato che la manovra verrà inviata a Bruxelles a inizio settimana, e che «i rapporti con la Commissione sono sempre molto fruttuosi».

Confermato l’1% di crescita, quello che Bankitalia, l’Ufficio parlamentare del bilancio e praticamente tutti gli istituti nazionali e internazionali avevano giudicato troppo ottimistico. Ma Renzi non solo difende questo numero, ma addirittura rilancia: «I nostri dati dicono l’1,1-1,2% di crescita, ma lasciamo l’1% in modo signorile onde evitare polemiche e tensioni. Siamo convinti che la crescita sarà superiore all’1%, dando per scontato che con il deficit al 2,3 e le misure decise è decisamente probabile che l’aumento della crescita sarà più corposo».
Scendendo nel dettaglio, si destinano 1,9 miliardi al pubblico impiego per il rinnovo dei contratti, per il comparto delle Forze armate e dei corpi di polizia e per le nuove assunzioni (Renzi aveva annunciato nuovi concorsi per 10 mila addetti del comparto sanitario). Fp Cgil, Fp Cisl e Uil Fpl-Pa parlano di «false promesse» e annunciano una «mobilitazione, senza escludere nessuna forma di lotta».

Promesse deluse anche per i pensionati, anche se gli stanziamenti passano da 6 a 7 miliardi in tre anni (per il 2017 1,9 miliardi). Su precisa domanda a Padoan, se fossero stati «limati» i criteri di accesso all’Ape social criticati dalla Cgil (1350 di euro lordi e 30-35 anni di contributi a seconda delle categorie) il ministro ha risposto piccato: «Sulle pensioni non abbiamo limato un bel niente, quei parametri sono più che confermati, ma passiamo da 6 a 7 miliardi».

Altri stanziamenti annunciati dalle slide del premier: 600 milioni per la famiglia, 4,5 miliardi per il Piano Casa Italia e gli interventi post sisma, un miliardo per università e scuole, «sia alle statali che alle paritarie». Sulla sanità, Renzi manda «un abbraccio affettuoso a tutti quelli che dicevano che avremmo tagliato: invece abbiamo stanziato 2 miliardi in più, il Fondo sanitario passa da 111 miliardi dell’anno scorso a 113». Dall’altro lato, dalla sanità arriveranno anche «risparmi» per 1,2 miliardi, ma il premier insiste che non devono essere definiti «tagli», ma «revisione di spesa», perché sono «benefici che vengono dall’imposizione dei costi standard e che restano alle Regioni».

Infine il capitolo tasse, quello a cui il premier tiene di più per il prossimo referendum: «Abbiamo scelto l’hashtag #passodopopasso, perché passo dopo passo le tasse vanno giù». Il canone Rai scenderà dagli attuali 100 euro a 90. Equitalia verrà eliminata, confluendo dentro l’Agenzia delle Entrate: «Non vuol dire che non si dovrà più pagare quanto dovuto, ma che vengono eliminati tutti gli interessi vessatori». Rottamazione che secondo Renzi dovrebbe portare 4 miliardi di euro in cassa, insieme ad altri 2 provenienti dalla voluntary disclosure. Confermato il taglio Ires dal 27,5% al 24%, così come per l’Iri e le partite Iva. Eliminata l’Irpef agricola con benefici per i coltivatori under 40. Il pacchetto «competitività» dovrebbe valere in tutto 2,5 miliardi nel 2017.