Il testo della manovra dovrà scriverlo Tria. Il contenuto lo anticipano gli altri e al ministro – sempre più in bilico – non piace quasi niente di quanto viene annunciato.

NELL’ARDUA RICERCA di una quadratura con le richieste di M5s e Lega il ministro dell’Economia viene descritto da chi lo ha sentito come «esasperato, amareggiato, non sereno». «Ce n’è una ogni giorno, così non si può andare avanti», avrebbe detto a chi ha avuto modo di parlargli. Tanto da far nuovamente circolare voci di sue dimissioni dopo la sessione di bilancio. Voci che comunque non trovano nessuna conferma in ambienti ministeriali.
Nel frattempo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte prova a prendere la rincorsa in una settimana chiave per la manovra, puntando a dare il via libera sia alla legge di bilancio che al decreto fiscale in Consiglio dei ministri domani, facendo asse con Luigi Di Maio nel tentativo di stringere i tempi. «Lunedì approviamo la legge di bilancio», rimarca insieme al capo del M5S. Ma Matteo Salvini frena: «Potremmo chiudere in settimana», dichiara cauto. Restano infatti distanze tra Cinquestelle e Lega sulle misure da prendere, specie sul fisco, e c’è molto scetticismo nella maggioranza sul fatto che la manovra possa arrivare tra due giorni sul tavolo dell’esecutivo pronta da varare con il Draft budgetary plan (Dbp) da inviare a Bruxelles.

IL NODO VERO DA SCIOGLIERE è quello del decreto fiscale con annesso condono. Nella stesura dell’operazione, comincerebbero a venire a galla incongruenze che rischierebbero di mettere in discussione il gettito atteso dalla sanatoria, imprescindibile per far fronte alle misure di spesa previste per il prossimo anno, dal reddito di cittadinanza a quota 100. Il governo cercherà di tirare le somme lunedì, in un vertice organizzato appositamente per trovare una soluzione prima del consiglio dei ministri che, nel pomeriggio, dovrà esaminare le linee guida della legge di bilancio. Dopo il tavolo con i sottosegretari all’Economia Massimo Garavaglia e Laura Castelli convocato da Giuseppe Conte a Palazzo Chigi al ritorno dal viaggio in Etiopia, gli esponenti del governo sembrano però essersi trincerati dietro un impenetrabile no comment.

IL LAVORO AL MEF STA ANDANDO avanti, ma il silenzio lascia intuire un probabile stallo nella messa a punto del decreto e probabilmente anche del Dbp.

IL LEGHISTA ARMANDO SIRI, spin doctor economico di Salvini nonostante – o forse grazie – ad un patteggiamento per bancarotta fraudolenta, nonostante sia finito a fare il sottosegretario alle Infrastrutture, ieri ha anticipato il contenuto del condonno spacciato per «pace fiscale». «Non è per gli evasori, ma per chi è in regola con la dichiarazione dei redditi e non ha risorse per pagare perché ha difficoltà economiche». Proprio per questo motivo Siri si dice certo che il M5s «non avrà alcun problema» «se c’è da dare una mano ai contribuenti in difficoltà che non sono evasori».

Andando più nel dettaglio, la «pace fiscale» potrebbe comportare tre scaglioni di pagamento al 6%, al 10% e al 25% «a seconda della posizione patrimoniale e reddituale del contribuente che ne fa richiesta». L’aliquota del 6% potrebbe per esempio essere riservata ai contribuenti monoreddito con un figlio minorenne a carico, aggiunge Siri.

PER L’ESPONENTE LEGHISTA «non c’è un problema politico». «Qualcuno dei tecnici ora dice che il saldo e stralcio crea un buco nel bilancio dello Stato, ma la si sta facendo più complicata di quella che è – afferma -. Non ha nessun senso tenere a bilancio partite che sono come limoni secchi».

LA POSIZIONE DI PARTENZA del M5s è quella di escludere dai pagamenti solo interessi e sanzioni, limitando la misura esclusivamente a chi è in regola con le dichiarazioni, la Lega punta invece ad uno sconto consistente anche sull’ammontare del debito e non disdegna l’idea di rispolverare la dichiarazione integrativa di tremontiana memoria, allargando quindi la platea dei destinatari.

IL PROBLEMA È SICURAMENTE politico ma dal punto di vista finanziario è addirittura duplice: assicurando alle casse dello Stato tutto l’ammontare del debito (come vorrebbero i 5S) gli incassi potrebbero essere potenzialmente alti, ma l’operazione potrebbe avere scarso appeal, rivelandosi un flop.