Alla fine le ragioni dell’opportunità politica hanno prevalso su quelle dei conti. La commissione si accontenta di una vittoria netta ma rinuncia, per quest’anno, al colpo di grazia. La procedura d’infrazione, annunciano i commissari Dombrovskis e Moscovici, non ci sarà, anche se la manovra «non è perfetta». Prudente, Dombroviskis condiziona il semaforo verde all’effettivo mantenimento delle promesse nel testo: «Posto che tutte le misure previste vengano attuate», sottolinea. Ma a questo punto, salvo un impossibile voltafaccia dell’Italia, l’accordo, almeno per ora, è concluso. «Abbiamo dimostrato che la commissione non è nemica dell’Italia», gongola Moscovici. In realtà la commissione ha soprattutto dimostrato chi abbia lo scettro in mano, e non è un particolare la scelta di annunciare l’accordo da Bruxelles prima ancora che lo facesse Conte nell’aula del Senato. Deve essere chiaro dove risiede la sovranità.

NON CHE ALL’EUROPA la manovra, anche nella sua ultima versione, piaccia. Dombrovskis lo dice a tutte lettere e fa capire anche che in seno al consiglio c’era chi insisteva per scelte più drastiche. E’ anche questo un messaggio preciso, confermato da Moscovici: «Saremo attenti e vigili perché ci sono interrogativi». Soprattutto Dombrovskis non manca di ricordare che se quest’anno i principali risparmi saranno resi possibili dal ritardo nell’entrata in vigore delle misure principali, reddito di cittadinanza e quota 100, ciò non sarà possibile nel biennio successivo. La resa dei conti è solo rimandata.

Non che la Ue abbia incassato poco nelle estenuanti trattative degli ultimi giorni, sbloccate, racconta Tria, solo dall’inserimento in manovra della tassa sui giochi, una delle misure osteggiate dalla Lega. Per quest’anno i saldi sono stati rivisti con una «spuntatura« di oltre 10 miliardi. Ai quali bisogna aggiungerne altri due, che resteranno congelati sino a che non sarà verificato che i conti del governo italiano trovano riscontro nella realtà. Nel triennio il taglio è di proporzioni mammuth: 38 miliardi. La previsione di crescita per il 2019 passa dall’1,5 all’1%. La clausola di garanzia, in sostanza l’aumento dell’Iva, è estesa all’intero triennio. Il pacchetto di dismissioni promesso è stato aumentato. Ma soprattutto il deficit strutturale, il solo vero termometro al quale l’Europa è attenta, cala nelle stime di Bruxelles da uno 0,8% in più allo 0.

NON È CERTO che i tecnici dell’Ue credano davvero a un calo così vertiginoso del deficit strutturale. Probabilmente entra qui in gioco il calcolo politico. Con la Brexit alle porte e lo spettro di un disastroso «no deal», con le elezioni imminenti, la commissione non vuole aprire un altro fronte con un Paese fondatore e importante come l’Italia. Meglio chiudere un occhio, accontentarsi del moltissimo ottenuto sia sul piano dei conti che su quello politico e poi attendere la prossima manovra per chiudere definitivamente la partita.

Anche il governo italiano è costretto dalle circostanze a far finta di non vedere la realtà. Conte arriva in aula senza i vicepremier, che probabilmente hanno preferito non mettere la faccia in un’occasione che è ammantata di vittoria ma sigla invece una sconfitta. Il premier ripete che come il deficit rivisto al 2,04% non è cambiato (ma nelle tabelle inviate a Bruxelles è al 2%), così non cambiano reddito e quota 100. Cosa saranno mai 38 miliardi in più o in meno? Smentisce Dombrovskis negando la partenza ritardata delle due misure solo per essere poi smentito a propria volta da Tria, che rivela da Porta a Porta che entrambe le riforme partiranno ad aprile, scavallando così una «finestra», ma per gli statali quota 100 non arriverà prima di ottobre. Il ministro dell’Economia è meno reticente del premier: spiega che 4 miliardi sono stati portati in dote dalla flessibilità per i danni dovuti al maltempo, confida in un imminente calo dello spread per recuperare altri 2 miliardi, non esclude la possibilità di evitare la recessione mentre esclude le sue dimissioni. Per ora a mollare è stato il suo capo di gabinetto Garofali, nel mirino dei 5S ed è prevista la caduta di altre teste invise agli stessi.

LA PARTITA SULLA LEGGE di bilancio ha già spogliato il Parlamento di ogni sua prerogativa. Ieri sera il vero testo non era ancora arrivato in commissione Bilancio: forse nella notte. Oggi alle 17 dovrebbe essere in aula per essere approvato domani con la fiducia. Quello del Parlamento sarà certo un esame attento e puntiglioso. Nella manciata d’ore a disposizione.