Andavamo allo stadio per vedere, anzi per vivere Diego e attendevamo una settimana intera il suo ingresso sul terreno di gioco. Il Pibe de oro entrava in campo cadenzando, con gli occhi da bambino disposti a giocarsela e scherzare con il mondo intero. Con i piedi creava melodie e aveva bisogno del pallone come il musicista del suo piano, il polmone dell’aria per vivere, quell’aria che gli è mancata in questo 2020 da cancellare.

LA SUA VITA, la sua musica, il mondo su cui costruire un repertorio unico, non raggiungibile da portieri che finivano insaccati in rete insieme al pallone. Un tango argentino sui dribbling, poi acrobazie con i palleggi di testa, accelerazioni, pause, parabole imprevedibili, perfino le capriole quando subiva i falli continui alle caviglie; nuotava con le braccia per tenersi in equilibrio.

«HO VISTO MARADONA», un artista anche quando si posizionava in campo ad aspettare il pallone. Poi lo colpiva ed era come se tornasse bambino: noi tutti con lui. Diego ci riporta all’infanzia, all’incoscienza. Quell’artista ha trovato in Napoli il suo palcoscenico con le sue oblique irregolarità, discese e salite, continui oscillamenti del suo umore, la ribellione, la passione e la sfrontatezza. Amore e passione, pulsazioni interrotte in un cuore che ha battuto il suo ultimo colpo. Anche Napoli avrà battuto l’ultimo colpo, con Diego. Non sarà più la stessa.
Eppure è come se Diego non avesse mai lasciato quella città che si è caricato sulle spalle attraendo invidia, polemica, disprezzo da parte di chi non la ama. Genio controverso, era espressione artistica della città, luci e ombre, inquietudine e genialità. La palla scottava tra i suoi piedi, perché era in grado di sconfiggere le grandi potenze: l’Inghilterra imperialista beffata prima da un dribbling durato tutto il campo e poi da una mano da scugnizzo, la Juventus industriale dell’avvocato Agnelli sconfitta da un’indimenticabile punizione arcuata sotto la pioggia battente, il Milan di un potentissimo Berlusconi al cui corteggiamento Diego ha orgogliosamente e tenacemente resistito.

NON SAREBBE STATO Maradona se avesse giocato in una squadra potente, lui in fondo è stato dalla parte dei più deboli, di quelli come lui. In continua polemica con il potere – da Matarrese a Blatter a Grondona – spesso schierato al fianco di leader socialisti, Diego, più di tutto, ci ha fatto gioire, ha dato festosità, entusiasmo, anche euforia a una città non di rado presa da malinconia o sconforto. Ieri ha spiazzato il mondo come in uno dei suoi dribbling, lasciando un immenso palcoscenico vuoto dietro di sé.