Osservando il patchwork fotografico all’interno del libretto del cd viene quasi il mal di testa. Fiorella Mannoia che celebra i sessant’anni e i quarantasei di carriera con un doppio album per la SonyMusic in uscita oggi che porta il suo nome, ha duettato e collaborato su disco, e dal vivo «è lì la mia vera vita, sono un’artista che ha costruito la sua carriera sul contatto con il pubblico», con un elenco interminabile di colleghi. Dal lungo sodalizio con Ivano Fossati (ancora saldo visto che un suo nuovo pezzo finirà nel suo prossimo lavoro di di inediti), al tour con De Gregori, Daniele e Ron, alle (a volte) criticate collaborazioni con i ragazzi dei talent (Noemi, Moreno).

«Quando sono arrivati i sessanta – spiega – mi sono detta ci casco o non ci casco. Poi mi sono guardata indietro, ho visto foto ripensato ai dischi e ai concerti e ho convenuto: forse mi merito una raccolta di successi… Ma volevo un progetto diverso, così ho pensato di raccogliere non solo le hit ma in ordine cronologico brani che ritenevo più riusciti anche se meno noti. Nell’altro cd ho voluto reinterpretare con gli autori le canzoni che ho ripreso dal loro repertorio».

La prima è una sorpresa Un bimbo sul leone di Beretta/Del Prete/Santercole, un pezzo di Celentano del 1968 in cui il Molleggiato interviene con un cameo. «A dire il vero non volevo nemmeno chiederglielo. E invece Carlo (Di Francesco, il produttore e arrangiatore di buona parte dei pezzi, ndr) mi ha convinto a chiamarlo. E mi ha detto subito di sì. Forse è stato una sorta di riconoscimento alla mia carriera, sapeva che ho cominciato con le sue canzoni». Tantissimi duetti, nel primo album c’è Laura Pausini con cui scambia le strofe di Quello che le donne non dicono «è difficile che un autore/uomo riesca a capire l’animo femminile. Mi arrivano delle cose tremende da giovani musicisti; o sono troppo falsamente emancipate o sottomesse. Enrico Ruggeri è un eccezione, ma perché è vissuto con la madre e le zie ed era l’unico maschio in mezzo a tante donne adulte».

La scaletta dimostra, quasi in maniera impietosa, come la canzone d’autore italiana si sia fermata a inizi anni novanta: da lì il declino. Così Fiorella è quasi una riflessione su come un tempo eravamo capaci a scrivere ’classici’ e ora non più (o quasi): «Diciamo che mi sono fermata a Silvestri, Fabi tutti ormai sui quaranta. Su quella generazione di autori ho costruito la mia carriera, dopo è stato divertimento gioco». Bubola, Silvestri, Celentano, Baglioni, Frankie Hi-Nrg, Battiato, Ferro, Ligabue, Zero, la lista degli ’ospiti’ è infinita. Cremonini, che è comunque della partita «perché ha capito il contesto», si è espresso negativamente sulla moda dei duetti definendoli ’operazione commerciale’. «Bisogna rispondere alla propria coscienza. Faccio i duetti perché credo che collaborare con gli altri sia solo un arricchimento».

Sui social network, dove è attivissima, Fiorella Mannoia esprime le sue idee politiche. Anche su Grillo: «Penso che M5 sia un movimento importante e che sta cercando con fatica di di togliersi di dosso quella vena di aggressività, poi lui interviene smontando tutto». Sì, ma l’uscita contro gli extracomunitari dell’ex comico si prefigge volutamente di intercettare i voti della destra. «E l’ho scritto, infatti. Trovo bieco usare gli extracomunitari per fini di consenso elettorali». I sindacati in piazza sabato contro un governo di centro sinistra…«Non avrei mai pensato di assistere a una cosa del genere. Ma il fatto vero è che quella sinistra non esiste più. E da Renzi mi sarei aspettato e mi aspetto ancora una legge anticorruzione, l’unica cosa di cui questo paese ha realmente bisogno».

Sud (2012)- dedicato ai popoli del sud del mondo – è l’album che sente più completo. «Quello che siamo riusciti a fare in Africa è inimmaginabile. Giorni fa un signore africano in tv si chiedeva perché nessuno si interroga sulle ragioni per cui quei popoli fuggono dal proprio paese d’origine. Francia, Inghilterra, Stati uniti, tutti sono responsabili del disastro di quel grande continente. E tutti gli africani che hanno cercato di andare contro le multinazionali hanno fatto una brutta fine, a partire da Thomas Sankara».

Per un artista la scoperta, la capacità di sorprendersi è elemento fondamentale del proprio lavoro. Quando viene a mancare cosa succede? «Mi è successo in passato e allora mi sono fermata, non tutti i miei dischi sono riusciti. Quello che non voglio perdere è la capacità di curiosare altrove. La musica serve a entrare in contatto con altri popoli e culture. L’artista è il rischio che corre, bisogna avere il coraggio di sperimentare. Puoi perderti per strada una parte di pubblico, ma ti senti in pace con la coscienza».