Ramallah, Hebron, Betlemme, Nablus, Tulkarem, Salfit, Jenin, Qalqiliya: tutta la Cisgiordania è in fiamme. Al di là del muro attacchi a Gerusalemme, Dimona, Afula e manifestazioni a Haifa e Taibeh. La situazione tra Israele e Territori Occupati è esplosiva: le immagini che ieri riempivano le tv palestinesi mostravano proteste in decine di città in Cisgiordania e raccontavano delle violenze in Israele e a Gerusalemme. Nei social network si susseguivano immagini di morti e feriti, una sollevazione che dalle strade finisce in rete.

Il bilancio è da Intifada: in una settimana 14 morti palestinesi in una settimana, 4 israeliani. Quasi mille i feriti tra i palestinesi, negli scontri con le forze militari israeliane; una decina quelli israeliani colpiti da coltelli o da lancio di pietre. Uno stillicidio ricominciato ieri mattina con l’accoltellamento di 4 lavoratori palestinesi nella città meridionale israeliana di Dimona. L’israeliano responsabile, 24 anni, è stato arrestato dalla polizia. Che non ha aperto il fuoco contro l’aggressore, come successo poche ore dopo a nord, ad Afula: una palestinese di Nazareth, Esraa ‘Abed, 30 anni, è stata centrata da sei colpi di pistola nella stazione degli autobus. Brandiva un coltello – dice la polizia – e voleva colpire una guardia privata. I video girati da testimoni la mostrano immobile, con un oggetto in mano e le braccia alzate, circondata da poliziotti. Poco dopo, gli spari. È ora ricoverata in ospedale.

Due pesi e due misure. Lo stesso si è verificato nei Territori Occupati: Muhammad Fares Abdullah al-Jaabari, 19 anni, è stato ucciso nella colonia di Kiryat Arba vicino Hebron dopo aver accoltellato un poliziotto di frontiera, ricoverato per ferite lievi.

Simile la situazione a Gerusalemme, nei giorni scorsi ed ancora ieri mattina: un palestinese ha accoltellato un adolescente israeliano di 14 anni, mentre la polizia riceveva l’ordine di blindare la città e dispiegava agenti nei quartieri di Ras al-Amud e Wadi al-Joz. La Spianata delle Moschee è stata chiusa ai fedeli musulmani sotto i 45 anni e in moltissimi si sono ritrovati alla porta di Damasco per pregare in strada. Nella notte erano migliaia i palestinesi scesi in strada a Shuafat, Gerusalemme Est, per i funerali di Wissam Faraj, ucciso il giorno prima mentre difendeva la casa di Subhi Abu Khalifa (responsabile di un accoltellamento in Città Vecchia) dalla demolizione. In serata, secondo i residenti, le autorità israeliane hanno cercato di compiere un raid nella tenda posta fuori dalla casa di Faraj. Scontri sono esplosi in molti dei quartieri di Gerusalemme Est.

Manifestazioni partecipate in Cisgiordania, a cui l’esercito israeliano ha risposto con lacrimogeni, proiettili di gomma e proiettili veri: 272 i feriti totali, di cui 24 da pallottole, secondo la Mezza Luna Rossa. Ad Hebron un paramedico ha perso un occhio a causa di un proiettile di gomma mentre aiutava alcuni manifestanti. A Tulkarem è stata la polizia dell’Autorità Nazionale Palestinese a fermare la protesta diretta alla fabbrica chimica israeliana Kashouri, costruita su terre palestinesi: Ramallah lo ha detto chiaramente, non permetterà una sollevazione e non metterà in pericolo il coordinamento alla sicurezza con Israele, prodotto degli Accordi di Oslo da sempre avversato dal popolo palestinese.

La notte precedente all’atteso venerdì di violenze, le strade delle principali città israeliane erano state teatro di marce anti-palestinesi: gruppi estremisti ebraici, molti legati a squadre di calcio, a partire dal Beitar, camminavano per Gerusalemme, Netanya e Afula cantando cori anti-arabi e aggredendo i pochi palestinesi presenti. La polizia israeliana è intervenuta per sedarli, stringendo le manette ai polsi di sei leader degli ultrà israeliani del gruppo Lehava.

Ieri gruppi di coloni hanno compiuto raid nei quartieri di al-Ras e al-Jaabari a Hebron e nella vicina città di Yatta, con lancio di pietre contro le case. Una violenza individuale che preoccupa le stesse autorità israeliane incapaci di gestire sia gli attacchi dei giovani palestinesi, non membri di organizzazioni politiche o armate, né tanto meno quelli degli estremisti ebraici. Una galassia di gruppi ingestibili, lasciati crescere e maturare da un governo ora incapace di tenerli a bada. Tanto da far dire al ministro della Sicurezza Pubblica, Gilad Erdan, che Israele «non tollererà che nessuno prenda la legge nelle proprie mani, anche i terroristi ebraici stanno compiendo attacchi».