Continuano le proteste in Nicaragua dopo cinque mesi dal primo confronto violento con le forze di polizia. E continua ad aumentare il numero delle vittime. Domenica la manifestazione «Tutti siamo la voce dei detenuti politici» ha registrato un morto, sei feriti (di cui uno in gravissime condizioni) e 22 arresti: il corteo organizzato da familiari dei reclusi, Movimento contadino e movimenti sociali, si muoveva nella zona est della capitale quando è stato attaccato dalla polizia antisommossa e decine di militanti del Fronte sandinista debitamente armati.

Il governo si difende affermando che Matt Andrés Romero, il 16enne ucciso, è stato vittima di un fuoco incrociato tra i manifestanti. Ma le testimonianze e le immagini registrate non lasciano spazio a dubbi: ancora una volta la polizia nazionale, aiutata dagli squadristi di regime, ha caricato con estrema violenza una manifestazione pacifica a cui partecipavano cittadini/e di ogni età. Le conseguenze sono state fatali.

La repressione che si vive nel paese è una vera caccia alle streghe; le condanne di organizzazioni e istituzioni internazionali non sono servite a frenare le estreme misure della coppia governante.

Se nelle ultime settimane il Fronte sandinista ha cercato di riprendersi le piazze obbligando i dipendenti statali a partecipare a picchetti e marce pro-governo, al contempo crescono sequestri mirati e minacce agli imprenditori che si presteranno a ulteriori giornate di sciopero nazionale (si prevede una nuova astensione dal lavoro domani, in concomitanza con la 73esima Assemblea Generale Onu a New York a cui parteciperà Daniel Ortega).

Un clima di terrore che comunque non spegne le proteste e ogni giorno di più sembra alimentare una vera e propria resistenza al regime.