Dall’inesauribile miniera di talenti delle bande paesane, delle associazioni musicali di provincia e dei gruppi folkloristici locali è venuto fuori il geniale Alessandro D’Alessandro, nome doppio e asimmetrico, da cartone animato (Lupo de Lupis o Paperon de Paperoni) per un giovane musicista davvero brillante e inventivo, già vincitore di una Targa Tenco nel 2017 per l’album Canti,ballate e ipocondrie d’ammore con Canio Loguercio e debuttante su disco con Arovà della Piccola Orchestra La Viola, il progetto di Antonella Costanzo sulle musiche dei campi, pubblicato nel 2008 da Manifesto Cd. D’Alessandro, classe 1985, di Coreno Ausonio, l’ultimo paesino della provincia di Frosinone al confine con la Campania, è un virtuoso totale dell’organetto – un tipo di fisarmonica diatonica a bottoni dove ogni tasto premuto emette due suoni a seconda della direzione del mantice, in apertura o in chiusura- che ha iniziato a suonare a 9 anni, imitando il padre e il nonno. E seguendoli nelle feste patronali del circondario.

NEI TANTISSIMI ANNI di gavetta ha imparato a suonare di tutto dalla classica (Mozart, Berlioz) alla contemporanea, dal jazz alle colonne sonore e naturalmente le sue passioni giovanili, il rock progressive e il rhythm and blues, acquistando esperienza come coordinatore e solista dell’Orchestra Bottoni, ensemble nato con l’idea di utilizzare la sezione degli organetti come un’autentica sezione d’orchestra, restando saldamente radicati nelle tradizioni rurali dell’Italia centrale e accogliendo diverse sperimentazioni al gusto world. Da qualche giorno è disponibile il suo primo album da solo, Canzoni-per organetto preparato & elettronica, un libretto-cd edito da Squilibri, oggetto molto curato con la copertina e i disegni di Sergio Staino e gli scritti di Maurizio Agamennone, Geoff Westley e David Riondino dove questo strumento cromatico (a 18 bassi) si esercita brillantemente coi classici della canzone, nazionale e internazionale, avvolgendoli di trilli e melodie, improvvisazioni e sfumature, grazie all’ausilio di elettronica tascabile (effettistica, pedali, loop station, echi) con sovrapposizioni armoniche e ritmiche dettate anche dalla percussione dello strumento utilizzando anche la tavoletta di compensato, i campanelli di Carnevale e altri ammennicoli della tradizione ciociara.

SPAZIANDO così da Azzurro a I shot the sheriff, passando per il tradizionale armeno Bingeol e la presleyana Can’t help falling in love, un repertorio variegato come le tante collaborazioni inanellate nel corso degli anni, testimoniate dalla presenza di Daniele Sepe, Roberto Angelini, Daniele Di Bonaventura, Arnaldo Vacca, ognuno in un brano.
«Questo disco nasce dall’esigenza di provare ad esprimere un’idea personale di suono e di approccio all’organetto, sviluppato in anni di lavoro, nei più svariati contesti artistici – ha detto D’Alessandro – Ho pensato che realizzare un intero album su canzoni anche celebri, ma prestando un’attenzione particolare alla musica, alla melodia, alle possibili evoluzioni ritmiche e armoniche, avrebbe richiamato l’attenzione di un pubblico più vasto sull’utilizzo ’flessibile’ di questo strumento che mi accompagna da sempre. Cercare di abbattere le barriere e i preconcetti, inserendo l’organetto nei più disparati ambiti, è sempre stata una sfida personale, sin da quando da bambino accendevo la radio, e provavo a suonare su tutto quello che passava. Ovviamente non potevo non portare con me una parte importante degli incontri artistici con cui mi sono confrontato, le musiche, il teatro e ovviamente la canzone d’autore».

NEI SEDICI BRANI, tutti arcinoti tranne l’inedito prologo, la Tiritera delle canzoni che volano, cantato a due voci da Elio e Riondino, ci sono successi amati come un solare Il mare (di Pino Daniele), uno psichedelico I giardini di marzo (di Lucio Battisti), un jazzrock chiaroscurale Campagna (Napoli Centrale) e alcune perle della canzone d’autore Il manichino, lancinante confessione d’amore di Sergio Cammeriere col cameo di Joan Manuel Serrat, l’autore del brano originale in catalano e Mario, il ritratto di uno quei lavoratori di periferia «che si dissolve in cometa», cavallo di battaglia di Enzo Jannacci, interpretato dallo straniato Peppe Voltarelli, in trasposizioni di grande fascino e impatto emotivo. Una volta esposto il tema, D’Alessandro con meravigliosa inventiva s’addentra in variazioni timbriche, in un labirinto di note, in fantasiose ricamature evocate dalla sua magnifica scatola di legno di castagno, un aerofono prezioso, un compagno di vita e d’avventure, lo strumento contadino per antonomasia, preferito dai musici di trattoria e dai gitani ambulanti. Da non perdere il suo concerto dal vivo, da OneManBand con le prossime date il primo luglio a Tivoli (Festival del Divenire), il 3 a Bracciano con Marco Pastonesi, il 10 a Coltano (villa Medicea), il 14 a Ponza con David Riondino e Antonella Costanzo.