Se teniamo al mare e vogliamo mangiare pesce senza sentirci corresponsabili del saccheggio delle sue risorse, bisogna decidere di pescarne e mangiarne meno. Meno e meglio.

I mari di tutto il mondo si stanno svuotando perché in pochi decenni abbiamo pescato troppo e male e la situazione ormai è allarmante. E a dirlo non sono gli ambientalisti ma la scienza: circa il 93% delle specie ittiche commerciali sono già completamente sfruttate. Abbiamo pescato sempre di più e con pescherecci sempre più grandi, che stanno distruggendo fondali e habitat marini, impoverendo le risorse ittiche ben oltre i limiti. La conseguenza di questo sfruttamento è sempre più evidente: specie un tempo comuni e abbondanti sulle nostre tavole oggi sono al collasso. Molte tra esse rischiano presto di scomparire.
Scegliere un pesce «sostenibile» può essere davvero difficile. E ancora più difficile può essere trovare il pesce giusto. Basta dare un occhio a supermercati, pescherie e mercati rionali, tutti invasi da prodotti importati e provenienti da pesca industriale o di allevamento. Pochi i distributori e i rivenditori che privilegiano esclusivamente il pesce pescato con metodi artigianali. I prodotti che provengono da piccole produzioni artigianali e locali infatti difficilmente raggiungono i tradizionali canali di distribuzione, perché i pescherecci di piccole dimensioni non sono in grado di portare a terra quantità di pesce tali da soddisfare la domanda della grande distribuzione. Ciò rende i prodotti della pesca artigianale meno reperibili e meno competitivi su un mercato che punta a quantità e profitto e non a qualità e sostenibilità.

Questo mercato distorto e iniquo è caratterizzato da una diffusa mancanza di trasparenza e tracciabilità, a partire dall’etichettatura del pesce fresco. Dovrebbe essere lo strumento più immediato per informare il consumatore e consentirgli di scegliere un pesce facendo una scelta consapevole. La normativa europea sull’etichettatura, in vigore già dal 2011, è stata pensata per contenere informazioni aggiuntive rispetto al passato, ovvero COME e DOVE è stato catturato un pesce. Da un’indagine fatta in Italia nel 2016 da Greenpeace, è emerso che oltre il 78% delle etichette del pesce esposte non era conforme alla normativa. Come orientarsi? Come scegliere il pesce giusto? La buona notizia è che le alternative eque e sostenibili esistono. Quella meno buona è che tante alternative definite sostenibili e proposte dal mercato e dai media possono nascondere un’amara verità. È il caso dell’acquacoltura o dei marchi e delle certificazioni di sostenibilità del pesce che vengono proposti come un’ovvia soluzione al problema globale della crisi delle risorse ittiche. In realtà non esiste alcuno schema di certificazione del tutto affidabile per i prodotti ittici pescati e di acquacoltura. Greenpeace ha tracciato un ritratto del sistema distorto della pesca e del mercato del pesce ma anche una chiara roadmap di come invertire la rotta. Dai Gruppo di Acquisto Solidale, alle applicazioni digitali per monitorare e valorizzare la pesca artigianale, fino alle piattaforme online per la vendita diretta, che avvicinano i pescatori artigianali con i consumatori. Comprare pesce locale di qualità, con un’identità e una storia e pescato in modo responsabile. Tagliare i passaggi e i costi della catena di distribuzione tradizionale e puntare alla sostenibilità non solo ambientale ma anche sociale ed economica. Sabato alle 13 Greenpeace sarà a Milano alla fiera «Fà la cosa giusta» con i pescatori e gli esperti del settore per dire che un altro consumo del pesce è possibile!

* Campagna mare di Greenpeace Italia