All’uscita dell’aula della Giunta per le immunità, nello splendido cortile di Sant’Ivo alla Sapienza, i senatori del Pd alzano i cartelli con scritto «#decidecasaleggio», «vergogna». Il pentastellato Michele Giarrusso sfila accanto all’improvvisato flashmob, ghigna e alza i polsi incrociati nel segno delle manette. «I miei genitori stanno a casa, io non ho i genitori ai domiciliari», ha detto poco prima, all’inizio della contestazione per il voto, finito 16 a 6, che ‘salva’ Matteo Salvini dal processo. Per i suoi gusti, Giarrusso si è persino trattenuto. Le cronache della precedente legislatura segnalano una sua dichiarazione a favore della pena della ghigliottina che aveva fatto strillare anche i suoi compagni, poi smentita. Stavolta in serata è il ministro della giustizia Bonafede a censurarlo: «Gesto sbagliato, un senatore della Repubblica non deve permettersi». Ma è una censura di maniera. La settimana scorsa alla camera il deputato a 5 stelle Giuseppe D’Ambrosio aveva fatto lo stesso gesto all’indirizzo del dem Gennaro Migliore.

Ieri il segno delle manette è stato il gesto plastico della giornata dello scontro fra Pd e 5 stelle. Gli uni attaccano per la scelta insolitamente «garantista» verso il ministro dell’interno. Gli altri si rinfilano subito la vecchia giacchetta con sarcasmi e lazzi sull’arresto dei genitori di Matteo Renzi, riuscendo così a mettere la sordina al malumore interno per il no al processo di Salvini.

MA ANCHE NEL PD i malumori si fanno sentire. I renzianissimi si stringono attorno al segretario. Ma in mattinata la cancellazione della conferenza stampa convocata di impulso per il pomeriggio di ieri da Renzi è stata accolta con un sospiro di sollievo. E non solo dagli avvocati di famiglia che l’avevano chiesto. Al suo posto è arrivato un nuovo post su facebook con tutto e il suo contrario: il rispetto della magistratura, la difesa della famiglia, la critica agli arresti, il proposito di «mantenere la calma», «se qualcuno pensa di fermarmi, non mi conosce. Non ci conosce», l’appuntamento per la ripartenza venerdì da Torino per la presentazione del libro. E un post scriptum: «Inutile dire che la vicenda dei miei genitori ha totalmente oscurato tutto ciò che è accaduto ieri nel mondo della politica. Basta leggere i quotidiani di oggi per rendersene conto. Un capolavoro mediatico, tanto di cappello».

LA COINCIDENZA È UN FATTO incontestabile. L’interpretazione no: e se per Renzi non è «complotto» è certo giustizia ad orologeria, slogan di berlusconianissima memoria, ai tempi in cui i pm erano «comunisti», quando andava bene. E infatti a stretto giro arrivala solidarietà dell’ex cavaliere: «La magistratura politicizzata si rivolta contro gli apprendisti stregoni della sinistra», intendendo i 5 stelle.

IL PRECEDENTE È PESANTE per un partito che ha riconquistato un asse garantista ma per anni ha dovuto difendere la magistratura dagli attacchi spesso sgangherati di Forza italia. Così oggi fra i parlamentari del Pd c’è, palpabile, una sottile linea rossa fra quelli della solidarietà senza se e senza ma, e quelli della «solidarietà umana». Come quella che a Renzi ha espresso Dario Franceschini ieri in serata, «buon ultimo», segnalano i pretoriani. O Nicola Zingaretti: «Fiducia nella giustizia e garantista sempre. Sono vicino umanamente a Matteo Renzi».

MA NON SONO POCHI i parlamentari che, a taccuini sigillati, ammettono il disagio per «un ex segretario sempre ingombrante», che ora, con i suoi toni berlusconiani, rischia di allontanare gli elettori dai gazebo.

MA NON È SOLO QUESTO, è il ragionamento: «È chiaro che i tempi dell’arresto sono incredibili» ma «oggi dopo il voto su Salvini i 5 stelle stanno esplodendo, era il momento di un affondo per spaccarli, e invece ci tocca stare qui in difesa della famiglia Renzi».

DALL’ALTRA PARTE i fedelissimi, quelli che aspettano le sue mosse politiche, ormai rimandate a dopo le europee. E che con questa vicenda misurano nuove distanze con il resto del Pd. Come Ivan Scalfarotto che twitta: «Sostengo da sempre Matteo Renzi, da oggi sono con lui con ancora maggior determinazione». O Roberto Giachetti, il candidato alle primarie a lui più vicino: «Matteo Renzi noi ti conosciamo e sappiamo che neanche questa ti fermerà. E noi non ci spostiamo di un millimetro dalla tua strada perché sappiamo che è quella giusta».