Da «mi terresti il bambino mentre faccio un salto in posta?» a «quando gli hai tolto il ciuccio?» una mamma è sempre alla ricerca di supporto, piccoli favori e consigli che possono arrivare dai genitori o dalle amiche.
Oggi, però, sono molte le giovani coppie che si spostano dalle città di origine, lasciando i nonni lontani, e in una grande metropoli è sempre più difficile fare amicizia e stringere rapporti nel proprio vicinato. Le associazioni e le iniziative dal basso per loro partono proprio da questo presupposto.
Anche Mamsitter nasce così: un’associazione di promozione sociale creata da e per le mamme che funziona come banca del tempo basata sullo scambio reciproco di piccoli favori che possono fare la differenza.
Un “mum-sharing” grazie al quale ogni mamma mette a disposizione 16 ore al mese del proprio tempo durante le quali si rende disponibile ad accogliere a casa propria il figlio di un’altra socia, sapendo che potrà contare a sua volta sulla stessa disponibilità nel momento in cui ne avrà bisogno. Tra le mamme coinvolte sono nati anche gruppi whatsapp per scambiare consigli per organizzare incontri.
Il progetto per ora coinvolge 98 donne, ed è attivo a Roma e a Milano, ed è diviso per quartieri. Nella capitale i gruppi di mamme si trovano in tutta la città, dalle zone residenziali di Trastevere e San Giovanni alle periferie di Pigneto e Ostia, mentre nel capoluogo lombardo si è attivato un gruppo a Cadorna.
Il costo è di 50 euro all’anno, inteso come quota associativa, e il ricavato viene usato per promuovere le attività.
«Cinquant’anni fa, nei paesi le mamme potevano contare le une sulle altre – spiega Paola Cimaroli, che ha fondato l’associazione nel 2017 e ha attivato il progetto della banca del tempo un anno fa – Oggi è diverso, vanno tutti di corsa e si fa fatica a stringere rapporti umani Il “mum-sharing” invece funziona a partire dalla creazione di una rete». In ogni quartiere c’è una responsabile che si occupa di creare le occasioni di socializzazione per far conoscere le mamme, come incontri organizzati a scuola o nel contesto dell’oratorio. «Il progetto è attivo in quartieri dove già c’è l’atmosfera tipica che si trova nei paesi – continua Cimaroli – la prossimità è importante, soprattutto se si ha bisogno di favori dell’ultimo secondo».
I bambini coinvolti nel progetto sono circa 150, perlopiù compresi nella fascia 0-2 anni. «Si avvicinano al mum-sharing soprattutto donne che hanno appena avuto un figlio e che quindi non lavorano, o quelle che hanno partorito il secondo e magari si sono licenziate, un’abitudine purtroppo molto diffusa oggi – spiega Paola Cimaroli – Quello è il momento in cui le mamme soffrono di più la solitudine. I corsi pre-parto si trovano ovunque, ma quando il bimbo nasce, le donne vengono lasciate sole. Per questo socializzazione e creazione di una rete sono così importanti».