In un sol colpo circa il 5 per cento della popolazione mondiale di orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è stata… sterminata. “Una catastrofe”, commentano gli ambientalisti, in rivolta, perché l’orso marsicano, uno dei mammiferi più rari del Pianeta, è patrimonio dell’Italia e della sua biodiversità. Tre esemplari sono stati rinvenuti morti, ieri, per caso, da un escursionista di Balsorano (Aq), in una vasca per la raccolta dell’acqua piovana, tra i comuni di Balsorano e Villavallelonga (Aq), nella zona di protezione esterna del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm). Si tratta di una mamma adulta, di circa 10 anni, e dei suoi due cuccioli, nati da pochi mesi.

“Vanificato il lavoro di tanti anni di conservazione della specie – commenta Legambiente – e indigna il fatto che nella stessa vasca nel 2010 vennero trovati morti una mamma di orso e il suo cucciolo. Anche allora la modalità del rinvenimento e le cause del decesso furono simili, come sono identiche le responsabilità dei proprietari del terreno, sempre gli stessi, che non hanno fatto lavori e custodito in maniera adeguata un’area che si sa frequentata da questi animali. Hanno avuto tanti richiami, anche dall’Ente Parco, tutti inascoltati. E’ stato un errore, all’epoca, non denunciarli all’autorità giudiziaria”.

“Gravi le responsabilità dei privati, del Parco nazionale d’Abruzzo e dei carabinieri forestali per il mancato controllo del territorio a loro affidato”, tuona Stefano Orlandini, dell’associazione “Salviamo l’orso”. “Nel 2010 – ricorda – un’orsa ed il suo piccolo vi erano caduti dentro probabilmente in questo stesso periodo dell’anno (l’autopsia aveva messo in evidenza resti di corniolo nei loro stomaci ) ma erano stati ritrovati a fine inverno, nel mese di giugno. Alcuni di noi ricordano ancora i proclami dei vertici del Parco e della Forestale sulla necessità di un censimento di questi vasconi montani, strutture quasi sempre abusive e pericolose per uomini e bestie, da mettere in sicurezza al più presto. Ebbene ci vollero due anni per dotare la vasca di una recinzione evidentemente insufficiente, visto che circa 6 mesi fa ci fu segnalato che non esisteva più. Segnalazione che abbiamo girato all’ente Parco. Dopo vari e vani tentativi dello stesso di imporre la messa in sicurezza del manufatto, la settimana scorsa la nostra associazione, resasi conto che la soluzione al problema avrebbe richiesto tempi geologici, come sempre accade quando enti ed amministrazioni pubbliche sono chiamati ad intervenire, aveva deciso di procedere autonomamente agli interventi… Poi la notizia che non avremmo mai voluto ricevere”.

“Si tratta di un fallimento – evidenzia il Wwf – nessuno che abbia una qualche responsabilità in campo ambientale può dirsi innocente. La responsabilità – sottolinea – è veramente di tutti perché continuiamo ad approcciarci a questa specie come se non ne rimanessero solo 50 individui prima della sua definitiva estinzione. Vogliamo veramente prenderci la responsabilità di distruggere mezzo secolo uno dei più bei risultati dell’evoluzione del nostro Pianeta? Vogliamo veramente far scomparire il simbolo delle nostre montagne? Ad ogni orso morto siamo qui a ripeterci che va cambiato passo, che non c’è più tempo da perdere, che tutti devono fare la loro parte… Poi passa una settimana e ogni cosa riprende come prima: chi spara a un orso viene assolto in tribunale; la Regione Lazio non limita la caccia nelle zone dove è presente l’orso e il Tar di Roma non interviene; si progettano nuovi (fallimentari) bacini sciistici o si asfaltano vecchie strade su montagne dove è accertata la presenza del plantigrado, si costituiscono addirittura comitati contro l’orso e le norme che lo tutelano…”.

Per il recupero dei plantigradi – fa sapere il Pnalm – è stato necessario l’intervento di un elicottero messo a disposizione dai carabinieri forestali, in quanto la località si trova in alta quota. Le carcasse sono state trasportate a Pescasseroli (Aq) e saranno sottoposte ad esame necroscopico. Nel frattempo si è attivata la Procura di Avezzano (Aq), che ha aperto un fascicolo.

A presentare un esposto sull’accaduto l’Ente nazionale protezione animali, secondo cui “è evidente che la morte dei tre animali è stata causata da gravissima incuria e negligenza”. L’Enpa “chiede soprattutto di chiarire la filiera di responsabilità alla base di questo, ennesimo, durissimo colpo alla nostra fauna più protetta”. “E’ mai possibile che a fronte di un grave fattore di fattore di rischio, come quello rappresentato dalla vasca killer, ci sia stata per otto anni una sostanziale inerzia? E’ chi ha competenza sulla Zpe – chiede Annamaria Procacci, responsabile ufficio Fauna selvatica di Enpa – il Pnalm? O chi altri sarebbe dovuto e deve intervenire? La Regione, i Comuni, le Province, il ministero? Sono alcune delle domande alle quali auspichiamo che la magistratura trovi risposta”.