In fatto di parità di genere Sky predica bene, ma razzola malissimo. Qualsiasi telespettatore della tv si sarà imbattuto nello spot sul «gender gap» che denuncia la differenza salariale fra uomini e donne, un impegno fortificato da un progetto interno denominato «cantiere Inclusion» pubblicizzato sul sito in cui si legge: «Vogliamo impegnarci a favore del cambiamento e valorizzare la cultura della diversità, abbiamo creato questa sezione per tenervi sempre aggiornati sui progetti che stiamo mettendo in campo per dare davvero pari opportunità di carriera alle donne», «ci siamo iscritti a Valore D, associazione nata per supportare l’equilibrio di genere e per una cultura inclusiva».

TUTTE PAROLE CHE DIVENTANO incredibili se rapportate al caso di una giornalista di sede a Roma con figlio disabile grave a cui è stata imposta una trasferta di 40 giorni a Milano nonostante la bambina di meno di due anni debba sottoporsi a terapie e che alla madre sia stata diagnostica una «depressione post partum riacutizzata».

IL CASO RIENTRA nella chiusura della sede romana di Sky – in realtà ancora attiva mentre la redazione di oltre 30 giornalisti è stata spostata a piazza Montecitorio – e dei trasferimenti coatti per cui l’azienda è già stata condannata in altri casi. La legge prevede che chi usufruisce della legge 104 per l’accompagnamento di parenti o figli non possa essere trasferito. Nel caso della giornalista L. M. – difesa dallo studio Panici-Guglielmi -, dipendente di Sky a Roma fin dal 2005, la responsabile (donna) delle risorse umane della sede di Roma prima ha chiesto alla giornalista di «usufruire del congedo parentale a carico dell’Inps per i mesi di dicembre 2018 e gennaio 2019 per consentire all’azienda di risparmiare», poi a marzo la «invitavano a trasferirsi consensualmente a Milano dandole una settimana di tempo per decidere» e dopo la risposta in cui la lavoratrice sottolineava di «non poter abbandonare la figlia» il 14 marzo arrivava la lettera di Sky: «Con decorrenza dal 20 marzo e fino al 30 aprile, Lei è comandata a prestare attività lavorativa giornalistica in regime di trasferta presso la struttura TG24 Spettacolo della redazione di Milano».

IERI IL GIUDICE DEL LAVORO di Roma Alfonsisa Bellini con procedimento d’urgenza ha dichiarato illegittimo il provvedimento di trasferta e condannato Sky al pagamento di 2.000 euro. Nella sentenza il giudice ricorda come «i giornalisti che avevano rifiutato una ipotesi di ricollocazione a Milano sono stati tutti licenziati tranne uno», che «di fatto la trasferta si è risolta in un vero e proprio trasferimento, avendo la società adottato più provvedimenti di trasferta, successivi e fra loro continuativi». In più «appare rilevante la mancata indicazione delle ragioni per uno spostamento a Milano solo temporaneo» visto che «il nuovo direttore di Sky Tg24 (uomo) ha confermato telefonicamente alla ricorrente che, a quel momento non vi erano posizioni aperte su Roma».

NELLA SENTENZA SI RIBABISCE «il divieto di trasferire senza consenso il lavoratore che assiste un familiare convivente in condizioni di disabilità» (legge 104 del 1992) e per questo il ricorso ha «accoglimento totale».
«Il caso in esame – commenta l’avvocato Pierluigi Panici – rappresenta un vero orrore economico applicato nei confronti di un soggetto fra i più deboli: una madre con un figlio piccolo e disabile. L’azienda ha dimostrato di non avere in alcuna considerazione le campagne pubblicitarie che porta avanti per il rispetto della parità di genere».