Giuseppe Conte lavora ancora alla «Carta dei principi» del nuovo Movimento 5 Stelle. I nodi da sciogliere, ormai è noto, sono quelli del tetto dei due mandati e la relazione con la piattaforma Rousseau di Davide Casaleggio.
La matassa giuridica, regolamentare e politica è più ingarbugliata che mai, con un curatore legale del M5S nominato dal tribunale di Cagliari in mancanza di capi politici regolarmente eletti. Per assurdo, se da domani Sergio Mattarella dovesse inaugurare un ciclo di consultazioni, l’avvocato Silvio Demurtas del foro di Cagliari, con dichiarate referenze nel recupero crediti presso la pubblica amministrazione, potrebbe presentarsi al Quirinale in piena legittimità.

La massa di eletti è in attesa, non sempre pacifica, che Conte chiarisca il senso del suo progetto. Così, quando ieri è trapelata una bozza di nuovo regolamento su indennità e restituzioni, sono riemerse tensioni e incertezze.
Le nuove norme dicono che ciascun parlamentare «dovrà restituire una quota mensile forfettaria pari a minimo euro 1500 mediante versamento ad un conto dedicato e una quota mensile pari a minimo euro 1000 al M5S per il mantenimento delle piattaforme tecnologiche, Scudo della rete, comunicazione e altre spese generali di funzionamento». Significa che ci sarà una cassa centralizzata e che il M5S gestirà direttamente sia le restituzioni (significativamente ridotte) che i finanziamenti provenienti dai propri eletti. E che i fondi devoluti da deputati e senatori per l’organizzazione del Movimento 5 Stelle serviranno anche ad espletare funzioni che fino ad oggi sono state appannaggio della piattaforma Rousseau.

Tra di essi, c’è la scelta di come utilizzare le restituzioni. Al momento, ecco un altro dei paradossi legali in cui è rimasto impantanato il M5S, ci sono più di 7 milioni di euro di fondi accantonati su un conto corrente. Rousseau dovrebbe indire una consultazione per far decidere agli iscritti a chi destinare i quattrini, ma non lo fa per il braccio di ferro in corso con il M5S. Allo stesso tempo, il drappello di parlamentari grillini espulsi, che in qualche modo hanno contribuito a quel tesoretto, minaccia azioni legali se quei soldi dovessero servire a cause che non considerano compatibili con la mission dei 5 Stelle.

C’è né abbastanza per avvalorare la tesi di un Conte che rinuncia alla bad company del M5S e decide di azzerare tutto e costituire un soggetto nuovo. Anche perché molti eletti hanno storto il naso di fronte alle nuove direttive e dicono di voler prima sapere cosa ha in mente l’ex presidente del consiglio, quale disegno intende sottoporre loro, prima di accettare di finanziarlo con mille euro al mese. Conte, che si è costruito la fama di mediatore che sa attendere, è messo alla prova. È costretto ad agire, perché la situazione appare fuori controllo ad ogni passaggio delicato, ma sa anche che non può rischiare di fare passi falsi.