La Commissione Ue minaccia l’Italia di sanzioni dopo la diffusione delle immagini filmate a Lampedusa e trasmesse dalla Rai, dove è stato constatato un «trattamento spaventoso e inaccettabile» dei migranti. La commissaria agli Affari interni, Cecilia Malmström, afferma che l’Unione europea ha aperto «un’inchiesta approfondita sul trattamento spaventoso in molti centri di ritenzione, tra cui Lampedusa». Di fronte alle immagini che ricordano un campo di concentramento, la commissaria ha voluto «inviare un segnale forte all’Italia»: «Non esiteremo ad avviare una procedura di infrazione per garantire che gli standard e gli obblighi europei siano pienamente rispettati». Malmström ha precisato che «la nostra assistenza e il sostegno alle autorità italiane nella gestione dei flussi migratori può continuare solo se il paese garantisce condizioni di accoglienza a immigrati, richiedenti asilo e rifugiati che siano umane e dignitose». Ricordando che «tra il 2077 e il 2011 abbiamo versato 473 milioni di euro di budget europeo per aiutare l’Italia nell’assistenza ai rifugiati, per i controlli alle frontiere, l’integrazione o il rimpatrio. E non più tardi dell’ottobre scorso, in seguito al naufragio di una imbarcazione che ha fatto più di 300 morti, abbiamo concesso un aiuto supplementare di emergenza di 30 milioni di euro per rispondere al governo italiano, che si lamentava della mancanza di sostegno europeo. Ma alla fine non constatiamo nessun miglioramento. Vogliamo garanzie per condizioni di accoglienza e di trattamento dignitose».

Malmström non può che indignarsi e minacciare tagli all’Italia, perché, ammette, la Commissione «può offrire un sostegno finanziario, ma gli stati membri sono padroni delle loro frontiere», cioè la politica migratoria è gestita dagli stati, al di là dei meccanismi di «protezione» delle frontiere, tipo Frontex o, più di recente, Eurosur. Al di là dell’indignazione di Cecilia Malmström, probabilmente sincera, comincia una volta di più lo scaricabarile del «fardello» dei migranti, che caratterizza le politiche migratorie dell’Unione europea. A Bruxelles e nelle capitali degli stati membri tutti preferiscono guardare altrove, salvo quando le immagini sono troppe dure per essere evitate. Era successo con il dramma di ottobre a Lampedusa e allora le parole di indignazione si erano sprecate. Ma la sola risposta era poi stata l’introduzione di Eurosur, un nuovo dispositivo che da inizio dicembre si aggiunge a Frontex, che dispiega e «coordina» i vari mezzi di controllo delle frontiere esterne della Ue, gestite dai vari stati membri. La Ue favorisce anche accordi con paesi terzi, dando in appalto la gestione dei flussi, guardando altrove per la qualità del trattamento dei migranti. Programmi come Aeneas scaricano il problema su paesi terzi. Lunedì, un nuovo accordo in questo senso è stato firmato tra Bruxelles e la Turchia: Ankara ha accettato di riprendersi i migranti illegali che hanno transitato dal suo territorio per entrare nella Ue, in cambio della promessa dell’abolizione dei visti per i cittadini turchi in viaggio nello spazio Schengen. Bruxelles ora scopre che i cattivi trattamenti sono ben presenti anche sul suo stesso territorio. Vari paesi – come la Francia sulla sorte che subiscono i Rom – hanno già dovuto rispondere a Bruxelles. Ma al di là dell’indignazione del momento, la paura di un elettorato sempre più ostile, che minato dalla crisi ha trovato un facile capro espiatorio, trascina da anni la Ue in una deriva di chiusura e di costruzione di muri, reali (barriere in Grecia e Bulgaria, fili spinati con le lame a Melilla ecc.) e virtuali (Frontex, Aeneas ecc.).