Che la giornata non doveva essere proprio fruttuosa, il presidente del Coni Giovanni Malagò doveva averlo intuito. Prima ha proposto provocatoriamente che l’incontro con Virginia Raggi venisse trasmesso in streaming. Poi è arrivato il bidone della sindaca, che ha detto di aver tardato causa impegno col ministro Del Rio ma è stata avvistata a pranzo dalle parti di piazza Indipendenza con l’assessore alla mobilità Linda Meleo. Infine, la batosta dell’affossamento olimpico. Oggi incontrerà Matteo Renzi, che non più di due settimane fa ha sostenuto la necessità di rispettare la decisione dell’amministrazione capitolina, ufficialmente per presentare gli interventi di riqualificazione di alcuni impianti sportivi attraverso il fondo “Sport e Periferie” finanziato dalla presidenza del consiglio.

Dopo il mancato vertice dell’ultim’ora, andando via dal Campidoglio, Malagò ha convocato una conferenza stampa da tenersi subito dopo quella di Raggi e Frongia, quasi a riservarsi l’ultima parola. «Meritavamo più rispetto, ho sentito tante falsità figlie della demagogia e del populismo: ora Comune e Giunta si assumeranno le responsabilità delle loro scelte», accusa Malagò. Che prepara il contrattacco: «Andiamo avanti, fino all’atto formale: Comune e giunta si assumeranno la responsabilità della delibera che dà discontinuità alle precedenti decisioni».

Che ne sarà della richiesta di danno erariale per la mancata candidatura, ventilata nei giorni scorsi? «Gireremo l’azione di responsabilità verso gli amministratori che firmeranno quella delibera», sibila Malagò. «Eravamo candidati perché sono cambiate le regole del gioco», spiega ancora, cercando di allontanare gli spettri dei fallimenti economici dei giochi delle ultime edizioni, documentati da Raggi con un rimando a uno studio della Oxford University, e facendo riferimento al tentativo da parte del Cio di immaginare Olimpiadi meno disastrose economicamente e più eque: «Mi è dispiaciuto che Raggi non lo abbia ricordato. Questo è il punto centrale. Se non ci fosse stata l’Agenda 2020 nessuna città d’Italia poteva aspirare a candidarsi». Poi fa riferimento alla carta bianca concessa nel corso dell’incontro tecnico che ha preceduto la chiusura.

«Eravamo disposti a rivedere tutto, eravamo disposti al referendum, a cambiare. C’è un’alternativa in questa città per creare occupazione? Anche noi abbiamo i sondaggi e la città di Roma era favorevole ai Giochi con percentuale dell’85 per cento, soprattutto tra i più giovani e nelle periferie». Si spinge fino ad una disamina della situazione romana: «Era l’occasione per dimostrare che c’era la possibilità di sistemare quelle cose che tutti sanno non c’è possibilità di risolvere senza un progetto come quello della candidatura olimpica. Ed è sbagliato mischiare i soldi spesi per i Giochi con altre spese». Poi la prima minaccia, riferita agli Europei del 2020, che si disputeranno in 13 diversi Paesi, Italia compresa. «In virtù delle maggiori esigenze dell’Uefa, dobbiamo investire circa 10 milioni e 600mila euro per ospitare le partite dell’Europeo 2020. Se viene meno la candidatura olimpica, quei soldi il Coni non può più tirarli fuori».

Per molti, Malagò è intenzionato a non mollare e scommettere sulla fine anticipata della giunta Raggi. Che riaprirebbe i giochi per le Olimpiadi. E non solo per quelle. Qualcuno dice che parla da futuro candidato sindaco. L’incontro di oggi con Renzi servirà a capire se davvero la partita è chiusa come sembra o se si aprono spiragli normativi. A partire dalla delibera del Comune di Roma, che entro il 7 ottobre deve motivare il ritiro della candidatura.