Con Mbira Roberto Castello sta girando l’Italia e dove arriva scatena feste sul ritmo di canti e percussioni di Marco Zanotti e Zam Moustapha Dembélé. Non è la prima volta che il coreografo di Aldes pone il suo lavoro sul confine di linguaggi e forme, scardinandone anche il genere, con una visione civile e sociale del teatro. Per Mbira si inventa una provocatoria lezione sull’Africa, partendo dalla sua geografia: l’assunto è la nostra ignoranza – di noi occidentali e colonizzatori – in un appiattimento che liquida con un generico aggettivo – africano – etnie, culture, lingue e dialetti dei 54 diversi Paesi del continente. E proprio dalla parola mbira Castello parte, spiegandoci i suoi significati: strumento musicale a lamelle metalliche dello Zimbawe, la musica che esso produce, festa tradizionale, oltre a essere il titolo del brano di Kevin Volans (sudafricano bianco), che qui viene preso come trait d’union tra le culture. Su queste note, le parole di Castello, scritte insieme a Renato Sarti e con l’intervento di Andrea Cosentino si alternano alle precisissime danzatrici Giselda Ranieri e Ilenia Romano. Fino a rompere la frontalità dello spettacolo e a travolgere la sala in una danza collettiva.