A scorrere la lista dei congiurati, con l’ambizioso disegno di restaurare il Reich in Germania sotto la guida del principe Heinrich XIII Reuss, l’aristocratico che la sua stessa casata definisce «vecchio rimbambito» non può che ricordarci Vogliamo i colonnelli. Il film satirico di Mario Monicelli del 1973, ispirato a sua volta dalle velleità golpiste che affliggevano l’Italia in quegli anni. Pur contando qualche militare tra i suoi ranghi e una giudice ultrareazionaria, già deputata di Afd (e destinata al ministero della giustizia del nuovo governo monarchico) il disegno eversivo appare ancor meno realistico di una operetta. Ma, si sa, se è escluso che prendano il potere, gli esaltati con qualche arma in mano possono comunque procurare non pochi danni e tragiche conseguenze. Tanto più se infervorati dal recente esempio del ben più minaccioso assalto trumpiano al Congresso.

La sconclusionata congiura di una accozzaglia di monarchici, fascisti, complottisti e no vax finita nella rete del Bundeskriminalamt (la Polizia criminale federale), estranea, contrariamente al golpismo di casa nostra negli anni Settanta, a qualsivoglia «strategia della tensione» (quale servizio segreto se la sentirebbe mai di manovrare un soggetto come il principe Enrico?) rivela tuttavia un clima tutt’altro che rassicurante nella Repubblica federale. Ovverosia una diffusione consistente e capillare di pulsioni di estrema destra (già ampiamente testimoniata dalle marce di Pegida e dalla radicalizzazione di Afd) che sfocia non di rado in atti di violenza, anche omicida, soprattutto nei confronti dei migranti. Le aggressioni e gli incendi dei luoghi di accoglienza si susseguono con frequenza. Se le istituzioni repubblicane possono dormire sonni tranquilli, lo stesso non vale per i richiedenti asilo e per i rifugiati dall’Ucraina verso i quali l’iniziale incondizionata solidarietà dei cittadini tedeschi sembrerebbe affievolirsi con il costante crescere del loro numero.

Non mancano poi segnali di una certa preoccupante diffusione di simpatie per le idee dell’estrema destra nella Bundeswehr, le forze armate tedesche, e nei corpi di polizia.

Tutto questo ha a che fare con quella progressiva rimozione delle remore che la politica e la società tedesca si erano autoimposte nel dopoguerra nei confronti del nazionalismo e di un protagonismo politico della Germania non interamente integrato in Europa e nell’atlantismo. Questo processo di superamento della responsabilità tedesca non ha avuto la destra come unico attore e incontra un consistente favore nell’opinione pubblica del paese. L’imponente programma di riarmo intrapreso dal governo Scholz, (sia pure in armonia con la Nato), ma autonomo dall’Unione europea, ne simboleggia in qualche modo lo spirito.

La guerra in Ucraina e il caos geopolitico sembrano aver suggerito a Berlino che la potenza economica non può più surrogare quella politica, seguendo la storica formula della Bundesrepublik, e che anzi, per mantenersi, ne ha sempre più bisogno. In questo clima non c’è da stupirsi che qualcuno scandisca «make Germany great again». Fino a che a farlo saranno solo i patetici nostalgici del Reich c’è poco da preoccuparsi. Ma siamo sicuri che si fermerà lì?