In Italia i giornalisti non finiscono in galera, di solito. Nessuno gli spara sotto casa come in altre parti del mondo. Però se il belpaese occupa la casella n. 57 nella classifica della libertà di stampa le ragioni ci sono, e a quelle note, come il conflitto di interessi, l’ occupazione del cda Rai e della commissione di garanzia da parte dei partiti, se ne sta aggiungendo un’altra ancora più micidiale. È la cosiddetta «querela temeraria», la pratica sempre più comune di querelare per diffamazione e chiedere risarcimenti stratosferici così da intimidire i giornalisti.

L’ultimo e più clamoroso caso, ma che arriva al termine di una lunghissima serie, è la querela sporta dall’Eni contro Milena Gabanelli e Report con richiesta di risarcimento per 25 milioni di euro. Uno scherzo. Articolo 21 ha raccolto in rete 120mila firme a sostegno della giornalista e le ha consegnate ai presidenti delle camere, accompagnandole con l’esortazione ha varare subito una legge contro la «querela temeraria». Una proposta in materia già c’è, presentata da Pino Pisicchio, deputato del Centro democratico.

«Nella legislatura scorsa – ha ricordato il portavoce di Art. 21 Beppe Giulietti nella conferenza stampa per la presentazione delle firme presso la Federazione nazionale della stampa a Roma – una legge nata sull’onda della condanna al carcere di Sallusti si è trasformata in corso d’opera nel contrario. Non posso non segnalare che, nel programma dei saggi, non c’è nulla sulla libertà di stampa. C’è moltissimo sulle intercettazioni e sulla necessità di limitarle! Dovrebbe essere invece chiaro che noi non chiediamo al Parlamento di evitare ulteriori peggioramenti, ma di tornare indietro su quelli che sono già stati apportati».

Con un governo di cui Silvio Berlusconi è parte integrante e dominus non sarà facile.