Assessore Pierfrancesco Majorino, il governo – e il partito cui lei appartiene – con la legge Minniti-Orlando sta andando nella direzione opposta rispetto alla giornata per l’accoglienza dei migranti che lei ha fortemente voluto. Non bisognava avere più coraggio e sottolineare l’evidente contraddizione?

Credo che oggi sia più importante costruire una mobilitazione ampia per porre una questione di principio piuttosto che sottolineare una contrapposizione di tipo politico, e proprio questo atteggiamento ha permesso l’incontro di tante soggettività anche diverse tra loro. Da Ada Colau, al terzo settore, dalla Caritas ad Emergency, dai centri sociali che hanno una posizione diversa alle decine di sindaci che domani scenderanno in piazza – e questo degli amministratori locali è un dato politico straordinario. Sul decreto Minniti sono convinto che sia necessario un ripensamento, non mi convince soprattutto l’abolizione di un grado di giudizio per i richiedenti asilo e più in generale mi colpisce l’assenza delle politiche di governo sul tema dell’accoglienza delle migliaia di migranti che riceveranno un diniego. Questi sono i temi da affrontare, ma non credo all’equazione Minniti uguale politiche dei muri. Bisogna ribaltare la legislazione sull’immigrazione a partire dalla Bossi-Fini, so che ci sono opinioni diverse ma non casualmente domani trovano espressione nella stessa piazza.

L’assessore che punta sull’accoglienza e sta con gli ultimi che ci sta a fare nel partito del decoro urbano e della svolta securitaria contro gli immigrati? Dichiarazioni di Serracchiani a parte, per il Pd è diventato difficile anche stare in una piazza antirazzista, tanto che per evitare tensioni lei ha dovuto chiedere ai suoi colleghi di non portare le bandiere.

Nel Pd ci sono anche centinaia di persone che gestiscono in prima persona l’accoglienza, mi sento in buona compagnia a gestire questa contraddizione. Sono centinaia anche gli amministratori che lo fanno occupandosi quotidianamente di questi problemi. Il tema politico è evidente, il punto è come rappresentare la domanda di cambiamento radicale delle politiche migratorie. Non mi sento un extraterrestre e non mi sono mai risparmiato nelle critiche al mio partito, la sinistra ovunque nel mondo è in difficoltà sulla questione dei diritti sociali ma io non ho intenzione di gettare la spugna. Voglio sottolineare che sono nel Pd anche le decine di sindaci milanesi che in queste ore hanno accettato di sperimentare l’accoglienza diffusa dei migranti nel territorio.

Assessore, la testa del Pd va in un’altra direzione.

Lo vedo che prevale un’altra idea, in questo momento non c’è dubbio, non sono mica Alice nel paese delle meraviglie.

La manifestazione di domani, al di là del messaggio condivisibile, ha un obiettivo politico? Difficile immaginare un ripensamento del governo. Non è il limite di questa giornata?

Non è un limite, sono convinto del contrario. E’ la prima volta che c’è un mondo così variopinto e composito che scommette sul tema dell’accoglienza. Un fatto ancora più importante in un momento in cui prevalgono la paura e le politiche di chiusura, è una presa di posizione pubblica molto forte che ha un’implicazione politica.

Si parla sempre di superamento della Bossi-Fini. Non è uno slogan un po’ usurato? Del resto chi altri se non tutti gli ultimi governi a guida centrosinistra non hanno mosso un dito?

E’ evidente che c’è una grossa responsabilità del centrosinistra, ciò non toglie che queste siano battaglie su cui insistere perché ciò che più mi sta a cuore è la sorte degli immigrati, penso anche alla legge sulla cittadinanza. Credo che sia necessario costruire un movimento che imponga questi temi come prioritari, anche con una giornata come quella del 20 maggio a Milano.

Il politico Pierfrancesco Majorino può avere un futuro solo se questo Pd va a sbattere alle prossime elezioni, o sbaglio?

Ho contribuito a costruire la giornata di domani all’insegna della speranza, io continuo a sperare… magari che il Pd scelga di ricostruire il centrosinistra come dice Pisapia. La mia ossessione non è tanto il Pd ma la centralità della questione sociale. Non sono preoccupato per il mio futuro, almeno non quanto il manifesto…