Pierfrancesco Majorino, assessore Pd alle politiche sociali di Palazzo Marino, da anni si impegna per una città inclusiva e accogliente, possibilmente antirazzista. Poi però, alle porte di Milano e non solo, le elezioni le vincono gli altri, forse perché vogliono muri, attaccano gli immigrati e impostano le campagne elettorali sul “pericolo musulmano”. O almeno questa è l’opinione prevalente tra chi analizza la netta sconfitta del Pd (o del centrosinistra) alle elezioni amministrative di domenica.

A caldo, dopo l’esito delle amministrative, lei ha scritto che solo chi sta sulla luna o in un salotto può credere che la questione immigrazione-sicurezza non c’entri con l’esito elettorale. Eppure dopo il 20 maggio, almeno a Milano, sembrava si respirasse un’altra aria. E’ stato solo un abbaglio?

Credo che la situazione sia questa: la questione dell’immigrazione è enormemente presente nelle preoccupazioni delle persone. Inutile negarlo, non possiamo nascondercelo. Il problema è come rispondere, non possiamo farlo inseguendo la destra ma dobbiamo insistere e scommettere sul terreno dell’inclusione e dell’’integrazione. Senza però trascurare il tema altrettanto delicato del presidio del territorio. La giornata del 20 maggio semmai è una ragione in più per avere più coraggio, questo è un tema delicato che rischia di travolgerci con il suo portato di paura fuori controllo.

Quanto ha pesato sull’esito disastroso delle elezioni a Sesto San Giovanni l’ipotesi dell’amministrazione uscente di costruire una moschea? Davvero il tema è stato decisivo?

Le cause della sconfitta, anche a Sesto San Giovanni, vanno ricercate in un mix di questioni più complesse, sia locali che nazionali. Il punto su cui dobbiamo ragionare è che il Pd in questa fase ha perso attrattiva nei confronti del suo elettorato, il caso della moschea e la campagna del centrodestra impostata sulla paura dell’immigrato possono avere inciso ma credo che il caso Sesto abbia più a vedere con il fallimento di un’operazione politica complessiva, come è accaduto a Genova.

Lei ha sempre detto che tutti i governi, compreso questo a guida Pd, hanno lasciato sole le città che sono alle prese con l’accoglienza dei migranti.

Purtroppo è drammaticamente ancora così. Mi occupo di accoglienza dei migranti dal 2011 e ancora non ho visto passi avanti significativi, tranne qualche piccolo passo nella direzione giusta come il protocollo sull’accoglienza diffusa firmato dal ministero degli Interni Marco Minniti con alcuni sindaci dell’area metropolitana milanese. Ma non è sufficiente.

La ricetta qual è?

Più integrazione, potenziamento dell’accoglienza diffusa e nessuna titubanza nel sottolineare anche l’efficacia della presenza delle forze dell’ordine. Se vado in giro e vedo un agente in più sono più tranquillo, la cosa non mi inquieta, su questo dobbiamo essere tranchant. Servono mezzi e risorse anche per sostenere il lavoro delle forze dell’ordine. E servono soprattutto investimenti nel sociale, perché le istanze dei razzisti si stanno saldando con quelle dei poveri. Io non mi voglio occupare dei razzisti, ma delle persone che hanno bisogno sì.

Ma se è vero che le elezioni le vince chi soddisfa almeno con la propaganda la voglia di sicurezza, la destra non rischia di vincerle tutte? Questo è il problema, al di là delle soluzioni più o meno razionali che possono venire adottate dal governo e dalle amministrazioni.

La verità è che le elezioni le vinciamo se le persone tornano a votare. Il vero e principale nodo è che l’Italia ha bisogno di una rivoluzione sul sociale, serve un gigantesco spostamento di risorse, visto che per altre vicende – è cronaca di questi giorni – i soldi si trovano sempre. Lo dobbiamo fare per cercare di ritrovare un po’ di sintonia con le persone e con gli esclusi che non si fidano più di noi.

Stiamo per precipitare in una lunga campagna elettorale, per tornare alla gestione del fenomeno migratorio non crede che in prospettiva si stia profilando un quadro poco tranquillizzante?

Sono preoccupato perché non si affronta il tema dei dinieghi che colpiranno molti richiedenti asilo, noi cerchiamo di accogliere tutti ma quelle sono tensioni che poi si scaricheranno sulle città.