In questi giorni le varie figure di garanzia per i diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà sono letteralmente subissati da segnalazioni, istanze, denunce in riferimento alla vita detentiva nelle nostre carceri nel pieno dell’emergenza CoVid-19.

In particolare ci è giunta -– in forma anonima – una lettera che crediamo significativa dall’interno della Casa Circondariale «don Soria» di Alessandria. Il vecchio carcere collocato in centro città purtroppo può essere una perfetta cartina di tornasole del clima e delle tensioni delle 189 carceri d’Italia.

I detenuti hanno scritto: «Noi non vogliamo più che tutto ciò debba ripetersi», riferendosi ai tragici episodi di rivolta violenta che sono esplosi il 7, 8 e 9 marzo scorsi e che purtroppo hanno anche riguardato le due carceri alessandrine. In particolare la Casa di Reclusione San Michele ha subito danneggiamenti alle celle che hanno ridotto la capienza dell’Istituto di 50 posti, in un contesto che già soffriva di grave sovraffollamento (393 detenuti su 237 posti disponibili).

La comunità penitenziaria piemontese, infatti, conta 4.514 detenuti, ristretti nelle 13 carceri per adulti con una capienza effettiva complessiva di appena 3.783 posti: 731 detenuti in più rispetto ai posti disponibili. Vi sono istituti piemontesi con un indice di sovraffollamento ben sopra la già alta media regionale (120%): Alessandria San Michele 153%, Alba e Ivrea 142%, Asti 139%, Biella 138%, Vercelli 135%. La Casa Circondariale don Soria conta 230 detenuti su 210 posti disponibili.

I detenuti hanno scritto: «Noi vogliano solo che la nostra voce, i nostri diritti umani, possano uscire da queste alte mura che ci dividono dal mondo esterno». E poi: «La situazione per colpa del coronavirus fuori la conosciamo bene, anche noi abbiamo le nostre famiglie che lottano insieme a voi e tutto il resto del mondo contro questa tragica situazione.

Quello che vogliamo che si sappia e che noi non ce l’abbiamo personalmente con la Direttrice del carcere e tutto il suo organico, che ogni giorno fanno il loro dovere, anche loro nel limite del possibile, in quanto siamo assolutamente sprovvisti di tamponi, mascherine, medicinali e cure mediche specialistiche per tantissimi detenuti che hanno gravi patologie».

E hanno rimarcato che «…..Ormai la paura del contagio, qui all’interno, è alle stelle, e l’ansia, l’agitazione, il nervosismo per la perdita di sonno. … L’aumento di influenzati con febbre e i tanti detenuti con pene al di sotto i 3 anni che potrebbero uscire con i domiciliari, ma nessuno esce … Tutto questo crea una tensione altissima …» E poi: «Abbiamo mogli, figli e parenti ammalati gravi fuori, e ci vengono rigettate ogni forma di richiesta … la nostra non è una protesta con la Direzione del carcere, che si fa in 4 per noi, è una protesta verso il sistema giudiziario e verso un Governo e uno Stato che se ne frega!».

La Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà ha inviato un appello pubblico al Presidente della Repubblica, alle Camere, ai Presidenti di Regione, di Provincia, di Città Metropolitana ed ai Sindaci sulla crisi CoVid-19 in ambito penitenziario. È una richiesta pressante affinché si adottino misure straordinarie ed urgenti per «portare nel giro di pochi giorni la popolazione detenuta sotto la soglia della capienza regolamentare effettivamente disponibile».

Prima che sia troppo tardi! I detenuti del «don Soria» concludono la loro lettera con una domanda, che facciamo nostra: «Voi fuori evitate gli assembramenti e noi qui sovraffollati cosa dovremmo fare per non contagiarci?».

Bruno Bellano, Garante
Regione Piemonte delle persone detenute
Marco Revelli, Garante
Città di Alessandria delle persone detenute