«Un’alleanza dei diritti fra magistrati e organizzazioni della società civile». A chiederla è Filippo Miraglia dell’Arci dal congresso di Magistratura democratica (Md) in corso a Roma, e si può dire che qualcosa del genere esista già. Lo mostrano proprio le assise delle toghe progressiste, in cui le loro voci si alternano a quelle di attivisti e intellettuali.

Tutte accomunate dalla scelta di stare «dalla parte del torto», come afferma lo scrittore ed ex pm Gianrico Carofiglio, fra gli ospiti di ieri. La scelta, cioè, «di garantire libertà e diritti fondamentali alle molte minoranze della società» contro «i rischi che tali diritti vengano compressi in nome del popolo-nazione» o di una malintesa «volontà generale», secondo la formulazione di Nello Rossi, leader storico di Md, ora alla scuola della magistratura. Garantire i diritti delle minoranze va fatto, per Rossi, senza «atteggiamenti elitari» verso l’opinione pubblica preda della propaganda, ma guardando alle cause strutturali dell’avanzata del salvinismo, come le diseguaglianze.

Sono «minoranza» da garantire, gli emarginati, contro i quali Lega e M5S hanno introdotto reati come «l’esercizio molesto dell’accattonaggio», che per Simone Spina (30 anni, il più giovane giudice presente), è l’espressione di «un riflesso classista per cui i poveri sono anche delinquenti». Di fronte alla propaganda sulla «abolizione della povertà», la realtà è diversa: sugli ultimi si abbatte la forza bruta del «diritto penale massimo», della «criminalizzazione come strumento di governo della società». Logica conseguenza è che il carcere diventi sempre di più luogo di «pena» nel senso di afflizione, denuncia Marco Puglia, giudice di sorveglianza a Napoli. Da brivido, i numeri che ricorda: «Nel 2018 nelle prigioni italiane ci sono stati 148 morti, di cui 76 per suicidio», e aumenta a dismisura l’utilizzo di psicofarmaci fra i detenuti. Non a caso Patrizio Gonnella di Antigone invita i magistrati a visitare gli istituti di reclusione per essere più consapevoli delle condizioni in cui versano.

E la minoranza per definizione è quella dei migranti, a cui Md dedica i lavori del pomeriggio, ospitando una conferenza di Medel, la rete europea delle toghe progressiste. Molti i magistrati stranieri in sala, riuniti nel nome di Murat Arslan, giudice turco incarcerato dal regime di Erdogan. «Finché il nostro collega sarà dietro le sbarre, nessun magistrato europeo può dirsi davvero libero», sostiene Filipe Marques, portoghese, presidente di Medel. A discutere ci sono gli europarlamentari David Sassoli (Pd) ed Elly Schlein (Possibile), Monica Frassoni dei Verdi europei, Laura Boldrini (LeU) e Riccardo Magi di +Europa. Occhi puntati sul regolamento di Dublino, che il parlamento di Strasburgo aveva migliorato, ma che è rimasto uguale a prima per opposizione di alcuni governi nazionali, fra cui quello italiano.

Insieme agli esponenti politici, Nando Sigona dell’Università di Birmingham e Luigi Ferrajoli, giurista e filosofo da sempre punto di riferimento di Md. Per Ferrajoli una standing ovation dopo le sue parole contro «la valenza anticostituzionale del populismo di governo», «perché la volontà popolare diventa senza limiti e vincoli, e le democrazie si trasformano in autocrazie elettive». «La mancata autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini – è il giudizio di Ferrajoli – segna un passaggio d’epoca, perché la maggioranza non ha negato l’esistenza di un reato, ma lo ha rivendicato come un titolo di merito. Siamo all’ostentazione istituzionale della disumanità».