Il 4 luglio, con il voto di fiducia al nuovo governo (uguale a quello attuale, con qualche sottosegretario in più e senza Richard Ferrand, minacciato da un’inchiesta per conflitto di interessi, il ministro diventerà capogruppo Rem), dopo il discorso di politica generale del primo ministro Edouard Philippe, si saprà con chiarezza chi rappresenta l’opposizione nell’Assemblea eletta domenica. La République En Marche (Rem) ha ottenuto la maggioranza assoluta (308 seggi), anche senza l’alleato MoDem (42), ma non c’è stato il temuto tsunami di Macron. I Républicains (Lr) hanno il gruppo più consistente (113) dopo Rem, ma sono a rischio spaccatura: i «costruttivi» potrebbero votare con la maggioranza, caso per caso, l’ala più radicale vuole invece un’opposizione di destra.

Anche il Ps, che è a terra con solo 30 deputati (ne aveva 283), dovrà affrontare questo dilemma: alcuni guardano senza ostilità a Rem, altri ritengono che la sola strada per non spegnersi sia «un’opposizione radicale». La lotta per incarnare l’opposizione è però già iniziata tra i due poli opposti, la France Insoumise (Fi) e il Fronte nazionale (Fn), che hanno eletto i rispettivi portavoce, Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen, entrambi per la prima volta a Palais Bourbon, anche se impegnati da tempo in politica.

LA PARTECIPAZIONE è stata la più bassa della storia della V Repubblica, ha votato solo il 42,6%. Il relativo successo dell’opposizione dichiarata, France Insoumise e Fronte nazionale, attenua gli argomenti di chi contesta il valore del voto: l’astensione ha colpito tutti, En Marche come gli altri.

Per esempio, Mélenchon è stato eletto a Marsiglia con un’astensione del 64,2% nella sua circoscrizione. Mélenchon sostiene però che «l’astensione schiacciante ha un significato politico offensivo» e parla di «forma di sciopero generale civico», che toglie alla maggioranza la «legittimità per perpetrare il colpo di stato sociale previsto», con l’imminente riforma del lavoro.

La forte astensione evidenzia la distanza che si è scavata tra mondo politico e cittadini. Nelle alte sfere la forte astensione preoccupa (è cresciuta di sei punti solo tra il primo e il secondo turno delle legislative), anche se è data per scontata una stanchezza da elezioni (praticamente otto, dallo scorso novembre, una maratona iniziata con le primarie delle destra). Dopo le congratulazioni di rigore di Angela Merkel a Macron, in Germania come a Bruxelles i commenti hanno insistito sul rischio che può rappresentare la debole adesione al programma politico, che si è manifestata con la forte astensione. Il rischio è che alla prima scintilla, la piazza si infiammi e che la Francia non faccia le riforme auspicate da Berlino e Bruxelles. Macron ha suggerito «umiltà» ai suoi, «nessun trionfalismo» dicono a Rem.

IL RINNOVAMENTO però c’è stato: sono 434 i nuovi deputati su 577, 223 donne (38,6%), un’età media (48,6 anni) di cinque anni più giovane che nell’Assemblea uscente: neppure nel ’58 (inizio della V Repubblica) c’era stata tanta novità. Il grosso dei «nuovi» sono a Rem, un’arma a doppio taglio per Macron, perché sulla carta potrebbero essere maggiormente manovrabili ma sono anche imprevedibili.

LA SINISTRA è in agitazione. C’è già stata una manifestazione ieri di fronte a Palais Bourbon, organizzata dal Front social (animato soprattutto dalla Cgt) per accogliere i nuovi deputati e «suonare il campanello d’allarme» contro il progetto di «distruzione sociale».

All’Assemblea va France Insoumise, con 17 seggi. Il gruppo potrebbe essere rafforzato dagli 11 deputati del Pcf, ma le relazioni sono complicate, le tensioni forti (anche se alcune personalità, Marie-George Buffet, Clémentine Autain o François Ruffin, il regista di Merci patron! che è stato tra gli iniziatori di Nuit Debout, possono costruire un clima più disteso tra Fi e comunisti). Parte del Ps potrebbe unirsi a questa opposizione chiara. Intanto, ieri ha dato le dimissioni il segretario del Ps, Jean-Christophe Cambadelis, che dovrebbe lasciare spazio a una direzione collegiale. Il Ps potrebbe anche abbandonare la lussuosa (e troppo cara) sede di rue de Solférino. E c’è da risolvere il caso Valls: l’elezione con solo 139 voti in più dell’ex primo ministro è contestata dalla sfidante al ballottaggio della France Insoumise, Farida Amrani, che accusa il Ps di brogli e annuncia un ricorso.

IL FRONTE NAZIONALE ottiene 8 seggi (ne aveva 2), ma non potrà avere un gruppo parlamentare. Marine Le Pen è eletta per la prima volta deputata nazionale, ma la sua linea «sociale» è contestata all’interno, anche se la zona di forza dell’estrema destra è ormai nel nord, nelle aree deindustrializzate. Il Fn, che non ha digerito il crollo di voti tra presidenziale e legislative, accusa: «È una vergogna, abbiamo raccolto 10,6 milioni di voti alla presidenziale». Per Marine Le Pen «se ci fosse il proporzionale, avremmo 120 deputati». Il governo Philippe ha promesso una «dose» di proporzionale per le prossime elezioni.