Potrebbe sembrare una tempesta nel classico bicchiere d’acqua. Le dichiarazioni del sottosegretario Giorgetti, cariche di perplessità sul reddito di cittadinanza, sono un’anticipazione del libro che Bruno Vespa sforna ogni anno. Non si tratta insomma di un commento a caldo, con tutto il significato politico del caso, ma di un’opinione a freddo, e non è che ci volesse il patron di Porta a Porta per sapere che quella misura convince poco il Carroccio e niente Giorgetti.

La tensione che quel giudizio ha suscitato, con immediata replica di Di Maio seguito a ruota da Conte per confermare che il reddito non si tocca, tanto che la stessa Lega si è sentita in obbligo di confermare che quella riforma non è in discussione, dice parecchio sullo stato di salute in cui si trovano governo e maggioranza. Addebitare lo sfarinamento alle distanze tra i due soci di maggioranza e ai diversi interessi delle rispettive basi elettorali è vero ma riduttivo. Quelle differenze c’erano dall’inizio, così come quelle sull’immigrazione e sui diritti, senza che tutto ciò scalfisse la compattezza di una maggioranza col vento in poppa. L’elemento deflagrante, quello che ha reso quei diversi approcci molto meno sostenibili di prima, è il conflitto con la Ue.

Nonostante le sparate guascone e la spavalderia di facciata, nel giro di un mese il governo si è reso conto di non poter risolvere la faccenda come sognava di poter fare all’inizio, contando sui problemi che creerebbe all’intera Unione una crisi profonda in Italia. Ha scoperto invece da un lato di dover cedere qualcosa, anzi parecchio, dall’altro di dover comunque subire un vero assedio e si sa che gli assedi possono rinsaldare chi è già unito e fortemente motivato ma sono esiziali quando gli assediati sono al contrario divisi e animati da reciproca diffidenza.

A complicare le cose ci si mette il fatto che, se la maggioranza ha due componenti, il governo ne conta invece tre, con i «tecnici» come Tria, Moavero e almeno in parte lo stesso Conte. Si sa che gli assedi incentivano la psicosi da «nemico interno». I 5S, che faticano ormai vistosamente a controllare i nervi, hanno individuato la quinta colonna proprio nella struttura tecnica che fiancheggia e supporta il ministro Tria, moltiplicando così la potenza centrifuga.

Allo stesso tempo, pur strillando che non si arretrerà di un solo millimetro, nella sostanza Lega e M5S stanno arretrando eccome, depotenziando con la necessaria discrezione sia Quota 100 che il reddito di cittadinanza. E’ ovvio che l’obbligo di muoversi con un margine di manovra molto più stretto di quanto vagheggiato appena un mese fa renda la convivenza molto meno facile. Senza contare il disagio crescente della sinistra dei 5S, che peraltro in circostanze diverse peserebbe poco, e quello che martella il Movimento sondaggio dopo sondaggio, che invece sarebbe stato comunque da allarme rosso.

Lo stato della maggioranza è talmente pericolante che nemmeno le due boccate d’ossigeno arrivate ieri, il parere positivo dello stress test sulle banche e la discesa significativa dello spread, sono riuscite a calmare le acque. Eppure si tratta di segnali importanti: anche se lo stress test era parzialmente drogato dall’assenza delle due banche in sofferenza, Carige e Mps, la rassicurazione sulla possibilità del sistema bancario di reggere sono fondamentali. O meglio lo sarebbero se governo e maggioranza non dovessero vedersela con un problema interno grosso quanto e più di quelli esterni.
I soci arriveranno comunque alle europee uniti o separati in casa. Ma le probabilità che il governo arrivi molto oltre sono davvero esigue.