Quando pensiamo a colonne sonore e compositori, ci vengono alla mente i lavori del grande Ennio Morricone, di Vangelis per Blade Runner, Pino Donaggio per Brian De Palma, ma il cinema non è fatto solo di grandi budget. Esiste un mondo di pellicole di nicchia, horror, commedie, persino western, che non godono di grossa pubblicità ma di passaparola, a volte opere miserabili, a volte notevoli, e che, come i fratelli più grandi, si affidano ad artisti per la propria musica. Benvenuti in una sorta di underworld, sconosciuto ai più, composto da pellicole che, nella migliore delle ipotesi, potranno ambire solo ad un’uscita corsara in dvd. Ci concentreremo su questa (non) realtà italiana fatta di musica e tanta passione.

IL MONDO DI LOVECRAFT
Uno dei nostri più validi registi giovani della scena indipendente cinematografica è Ivan Zuccon, quarantasettenne che si è fatto conoscere nel 2000 per l’horror L’altrove. A questo sono seguite pellicole dello stesso genere, contraddistinte da un’ottima scrittura (soprattutto grazie all’apporto di Ivo Gazzarrini), girate con budget da terzo mondo ma estremamente inventive, realizzate con la perizia dei grandi maestri del nostro cinema del terrore, da Mario Bava a Lucio Fulci. Il mondo immaginario di Zuccon è un terribile universo dove dolore e religione si fondono, dove il peccato risiede nelle pieghe della carne, una versione pauperistica, ma non poco autoriale, del gotico padano sul modello de La casa dalle finestre che ridono. Le musiche nei film di Zuccon hanno un ruolo importante, spaziano dalla musica classica con i violini stridenti dello struggente La casa sfuggita alle prepotenti e aggressive musiche del lovecraftiano Color from the Dark a opera del maestro Marco Werba (Giallo di Dario Argento e Zoo di Cristina Comencini tra gli altri). Zuccon, anche musicista con la band degli Ipnosi (loro la colonna sonora de L’altrove), si racconta per noi. «A me piace molto avere a disposizione parte della colonna sonora già durante la fase delle riprese. In questo modo la posso usare sul set per aiutare cast e crew ad assimilare al meglio le atmosfere del film. Marco, con questo input e sceneggiatura alla mano, ha composto alcuni temi orchestrali che hanno avuto questo duplice ruolo, atmosfere sul set e colonna sonora in post-produzione. A queste musiche ho aggiunto uno score più moderno a cura dell’allora giovanissima e talentuosa Aurora Rochez. Il risultato penso sia piuttosto efficace anche se credo di aver patito l’impossibilità di poter utilizzare una vera orchestra a causa dei limiti di budget».

ESTREMO
È il 2011 quando esce nei festival di tutto il mondo Morituris, opera horror di estrema efficacia, diretta da un giovane talento romano, Raffaele Picchio. Il film in Italia non potrà mai circolare in sala per offesa al buoncostume, decisione drastica presa dalla Commissione di revisione cinematografica, un atto che non accadeva dai tempi di Totò che visse due volte di Ciprì e Maresco (1998). Il film è violentissimo, ma anche girato molto bene, interpretato dignitosamente da quasi tutto il cast, e con musiche che spaziano dal crust punk al death-grind a sinfonie più d’atmosfera, a opera soprattutto di Riccardo Fassone. Possiamo ascoltare però anche pezzi dei Cripple bastards (Stupro e addio) e degli Aborym (Roma divina urbs), band molto apprezzate dagli appassionati del metal più estremo. Ora Raffaele Picchio ha appena ultimato un’ambiziosa opera Curse of the Blind Dead, ultimo capitolo di una serie di culto, iniziata dallo spagnolo Amando de Ossorio con Le tombe dei resuscitati ciechi del 1972. A scrivere le musiche Andrea Pinna, compositore dalla forte impostazione classica, membro dell’Orchestra Filarmonica della Sardegna. «Tendenzialmente sono un grande fan di black metal sia nella sua forma “integralista” iniziale – ci spiega il regista – sia nelle sue profonde influenze e mutazioni che ha inglobato nel corso degli anni, fino a derive drone, ambient , depressive e shoegaze. Ma non escludo qualcosa di diverso tanto che ancora oggi i miei ascolti spaziano davvero da un eccesso a un altro senza particolari limiti. È anche per questo che sul discorso musicale in riferimento a un film sono sempre piuttosto aperto anche se forse per un motivo anche strettamente “di genere” fino ad ora ho sempre cercato di indirizzare i commenti musicali dei film verso le mie passioni “principali”».

BELLEZZA MOSTRUOSA
Interessante figura nel cinema underground è sicuramente Domiziano Cristopharo, regista, produttore e sceneggiatore (ma non solo) di alcune opere macabre premiate in tutto il mondo. Il suo è un luna park di orrori da body art, di anime disperate distrutte dalla malattie, dalle droghe o dalle pulsioni sessuali. Un cinema che non è horror nella definizione più classica, ma artistico, vicino per certi versi agli umori delle regie pasoliniane, un neorealismo cronenberghiano di visi imperfetti e corpi decadenti, unico nel nostro cinema, a cominciare dal folgorante esordio nel 2009 con House of Flesh Mannequins. Ci racconta com’è il suo rapporto con la musica. «Più che le musiche, scelgo i musicisti. Ogni script ha un suo mood, e cerco di non ripetermi mai registicamente, quindi anche musicalmente i film vanno “vestiti” dallo “stilista” giusto. Con tutti i compositori ho stabilito un rapporto di profonda comprensione; quelli con cui ho collaborato di più sono Alexander Cimini e Antony Coia, fra loro agli antipodi: sinfonico, che ricorre a cantanti e strumenti reali il primo, minimalista e puramente elettronico il secondo, entrambi eccezionali».

INDIPENDENTE
Fabio Frizzi è un nome leggendario: compositore per capolavori del cinema thriller-horror come Sette note in nero, Zombi 2, Paura della città dei morti viventi e L’aldilà, ma anche per i più disparati generi, come le commedie (Il secondo tragico Fantozzi e Febbre da cavallo) o i western (Sella d’argento e I quattro dell’Apocalisse), è stato, ed è, uno dei nostri migliori musicisti per il cinema. La sua firma spicca su un progetto italiano, Nightmare Symphony di Domiziano Cristopharo e Daniele Trani, seguito di un horror diretto, nel 1990, da Lucio Fulci, Un gatto nel cervello, sorta di 8½ del cinema splatter. Nessuna musica nuova, ma la stessa, in versione live, composta trent’anni fa, che però fa ancora il suo effetto, psichedelica e sinuosa, anche solo ad ascoltarla nell’accattivante trailer. Di cinema italiano ora Frizzi se ne occupa poco, anche perché è diventato un ricercato compositore per progetti oltreoceano, non ultimo l’atteso Castle Freak di Tate Steinsiek, remake di un horror molto amato, diretto da Stuart Gordon negli anni Novanta. «Non si fa più tanto cinema come un tempo – racconta il compositore – ora la realtà si è spostata nei cortometraggi e nell’indie. Come nel caso di Nightmare Symphony ho dato volentieri la musica del mio Un gatto nel cervello perché sono ragazzi in gamba, fanno un cinema povero di mezzi ma fantasioso».
Non di solo horror vive il cinema indipendente italiano, anche se forse le migliori cose nascono appunto per i film del terrore. Bisogna citare le partiture alla Ennio Morricone della band Dollaro d’Onore nel western Oro e piombo di Emiliano Ferrara in imminente uscita o la swing Freckles di Alessandro Fabiani per la bizzarra commedia Sono tutte stupende le mie amiche del poliedrico Roger A. Fratter. Intanto nascono giovani talenti come Giulio De Gaetano, classe 1983, che scrive una straordinaria colonna sonora d’atmosfera per il cortometraggio thriller (29 minuti) Deep Shock di Davide Melini. «Questo film- ci racconta il musicista – è un tributo al thriller-horror all’italiana degli anni Settanta e primi anni Ottanta. Dopo tanti anni di lavoro dedicatogli e ben 31 brani prodotti, nel 2019 la pellicola approda in tantissimi festival, rastrellando diversi premi, tra cui quelli come miglior sonora». Soddisfazioni di un cinema sommerso.