Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro ha chiesto all’Onu di designare un mediatore per i negoziati bilaterali con la Guyana. Sul tavolo, la questione delle acque contese dell’Esequibo, una zona in cui si è installata la multinazionale Usa Exxon Mobil, che sta estraendo petrolio con il permesso del nuovo governo di Guyana. Un conflitto di epoca coloniale, che sembrava aver trovato un quadro di riferimento condiviso con gli accordi di Ginevra del 1966. I due precedenti mediatori sono morti, rispettivamente nel 2009 e nel 2014, e ora Maduro chiede ne venga nominato uno che abbia «grandi doti etiche, alta specializzazione accademica, cultura e conoscenza dei fatti e del momento storico che vive la nostra regione».

Finora, prima l’ex presidente Hugo Chavez, poi Maduro, hanno cercato di risolvere la questione con il negoziato. Solo nel 2013, la marina da guerra venezuelana ha fermato e trattenuto per breve tempo la nave Teknik Perdana, assunta dalla petrolifera texana Anadarko Petroleum per fare rilievi sismici nelle profondità marine della zona. La tensione è salita di tono, però, in occasione del forte conflitto con gli Stati uniti: per via delle sanzioni decise da Obama contro il governo venezuelano, definito «una minaccia inusuale e straordinaria». In quel contesto, la Exxon ha affermato di aver cominciato le trivellazioni nelle acque contese. Il presidente eletto di recente in Guyana, David Granger, che molti definiscono un uomo di fiducia della multinazionale Usa, ha subito assunto un atteggiamento aggressivo nei confronti di Caracas, dando il via libera alla Exxon, già chiamata in causa per i disastri nel Golfo del Messico e nella Selva amazzonica dell’Ecuador.

Gli Stati uniti – denuncia il Venezuela – vogliono distruggere la nuova unità solidale latinoamericana attraverso le multinazionali. Maduro aveva emesso un decreto per rivendicare la richiesta di sovranità sull’Esequibo, trovando appoggio anche nei settori di opposizione, ma ha scelto di recedere per le proteste della Colombia, che si considera parte in causa nel conflitto. Il presidente venezuelano ha preferito rivolgersi al Segretario dell’Onu, Ban Ki Moon, e ha chiesto l’intervento degli organismi regionali come Unasur e Celac. Intanto, ha fatto un appello interno all’«unità nazionale», cercando di togliere all’opposizione un argomento elettorale di peso, in vista delle elezioni parlamentari che si terranno il 16 dicembre.

Il governo deve far fronte «a una guerra economia e a una campagna di discredito internazionale», ha detto la Procuratrice generale Luisa Ortega Diaz. Ogni giorno, vengono sequestrate tonnellate di prodotti sottratti ai negozi sussidiati e venduti al mercato nero, soprattutto in Colombia. La diplomazia venezuelana ha chiesto a Bogotà di servirsi della Legge anticontrabbando, approvata di recente, per restituire il maltolto a Caracas. Nelle cittadine colombiane di frontiera prosperano anche le agenzie per il mercato del dollaro parallelo che provoca distorsioni nell’economia venezuelana.
E ieri, i collettivi Lgbt, che raggruppano oltre 40.000 persone, hanno portato in parlamento diverse proposte di legge che interessano la comunità.