Domenica si riuniscono a Doha, capitale del Catar, i rappresentanti dei paesi petroliferi. Un incontro che ha al centro la proposta di congelare la produzione di petrolio per far fronte alla drastica diminuzione del prezzo del barile.
Arabia saudita, Catar e Venezuela, che fanno parte dell’Opec, hanno firmato in Russia un accordo per congelare l’estrazione di crudo al livello di gennaio. Il presidente venezuelano, Nicolas Maduro, ha denunciato «le pressioni degli Stati uniti sulla Russia per far fallire gli sforzi compiuti dall’anno scorso per raggiungere un accordo all’interno dell’Opec e con gli altri paesi produttori di petrolio che non ne fanno parte».

La massiccia immissione di petrolio di scisto, estratto negli Usa con la devastante tecnica del fracking, ha fortemente contribuito ad abbassare i prezzi a livelli di guardia. Le ragioni economiche s’intrecciano però a quelle politiche: Washington preme per far cadere il governo bolivariano, che custodisce le prime riserve di petrolio al mondo e che quest’anno ha destinato oltre il 70% delle entrate ai piani sociali.

La settimana scorsa, i rappresentanti di Venezuela, Ecuador, Messico e Colombia si sono riuniti a Quito per trovare una posizione comune da presentare domenica in Catar.