È già in carcere il presunto assassino di Monica Spear, miss Venezuela 2004, e di suo marito, l’imprenditore britannico Henry Thomas Berry. A sparare sulla coppia e sulla loro figlia di 5 anni, ferita a una gamba e ora fuori pericolo, sarebbe stato un diciannovenne, in manette con altri sei. Due hanno 15 anni e in casa avevano una videocamera appartenente alle vittime. Apparterrebbero a una banda specializzata in rapine del genere, Los sanguinarios de El Cambur. Agivano di notte lungo le strade. Un ostacolo improvviso obbligava le auto a fermarsi, poi l’assalto. E’ andata così anche al km. 194 dell’autostrada Puerto Cabello-Valencia nello stato Carabobo. L’attrice e il marito hanno perso la vita alle 23 di lunedì scorso.

E’ così nuovamente esploso il dibattito sull’insicurezza, tema quanto mai sensibile in Venezuela. Il presidente Nicolas Maduro ha anticipato la riunione di dialogo con sindaci e governatori dell’opposizione. Ha proposto un «piano di pacificazione del Venezuela» in tutti gli stati e i municipi che presentano gli indici di violenza più alti. Ha promesso «pugno di ferro» contro chi non rispetta la vita, ma ha invitato a intensificare i programmi di prevenzione e recupero nei confronti dei giovani «carnefici e vittime a loro volta». Ha presentato i risultati ottenuti in un anno difficile come il 2013: l’indice di povertà estrema è diminuito ancora, dal 6,3% al 5,5%, e quello di povertà è sceso dal 21,6% al 19,6%. Anche i disoccupati scendono, a dicembre il 5,6%. Impensabile prima del ’99, quando Chávez vinse le elezioni e inaugurò una stagione di grandi misure sociali: «Se qualcuno ruba perché ha fame, io non lo biasimo», disse allora suscitando le ire dell’opposizione. La violenza – pur molto inferiore a quegli anni – non è però diminuita in proporzione alla fame e il tema dell’insicurezza non consente risposte schematiche. Con una maggior ricchezza, gli strati popolari emarginati sono stati in parte contagiati dalla corsa all’apparire e al possedere in un paese di petrolio, telenovela e cellulari. Un gran terreno di caccia per l’intreccio di interessi che muove la grande criminalità. I paramilitari provenienti dalla Colombia, interessati a che il Venezuela resti uno dei principali snodi internazionali della droga, corrompono e diffondono la criminalità nei quartieri meno politicizzati, e poi si presentano come difensori dell’ordine. Criminalità o sovversione indotta? Anche la legge sul disarmo presenta aspetti controversi: in molti, nei quartieri popolari, temono di restare senza difesa contro la nuova eversione delle classi dominanti. Comunque sia, in un paese che scommette più sulla persuasione che sulla repressione, il gioco può risultare più facile. In un incontro pubblico con gli artisti che partecipano al Movimento per la pace e la vita, Maduro ha riconosciuto l’entità del problema, ma ha invitato l’opposizione a non trasformare la morte di Spear in una «telenovela di morte e sangue per demoralizzare il paese».

I grandi giornali – in maggioranza privati e controllati dall’opposizione – hanno sparato le cifre da brivido rese pubbliche per il 2013 dalla Ong Observatorio Venezolano de la Violencia (Ovv): 24mila morti. Statistiche gonfiate e strumentali, come ha mostrato in diverse inchieste Maurice Lemoine su Le Monde diplomatique. Ma anche i numeri forniti dal governo non scherzano: 16.000 uccisi, 43 al giorno nel 2012. Da allora, però, «i delitti sono diminuiti del 53%», ha detto il ministro degli Interni, giustizia e pace Miguel Rodríguez Torres, precisando che «i sequestri hanno visto una diminuzione dell’89,5%, gli omicidi si sono ridotti del 61,5%, i furti del 36%, e quelli di macchine del 56%».

Un effetto dovuto all’applicazione del Plan Patria Segura. Il contesto e lo spirito è quello della Gran Mision A Toda Vida Venezuela, messo in marcia da Hugo Chávez il 20 giugno del 2012: innanzitutto, agire «in modo integrato» sulle cause che producono violenza. Il Plan propone alle bande un impiego «per la vita e non per la morte». Lo slogan coniato da Chávez era: da malviventi a benviventi. Nel rimpasto di governo, Maduro ha nominato il generale Pérez Urdaneta comandante della Polizia nazionale bolivariana. Gli ha chiesto «di elevare la disciplina e la morale del corpo». Agire sulla mediazione sociale e sulle «procure di prossimità» è infatti un buon deterrente per disinnescare sul nascere la degenerazione di conflitti e violenze. L’intreccio economico e politico che sta dietro la grande criminalità è però più difficile da debellare.