Sono giorni di grande fibrillazione per la diplomazia russa per trovare una via d’uscita alla crisi venezuelana. Voci e notizie si rincorrono ma spesso sono fantasiose. Come quella, riportata da molte testate secondo la quale nei forzieri della Banca centrale russa sarebbero stati depositati 20 miliardi di dollari in oro venezuelani. Priva di qualsiasi fondamento anche la voce secondo cui 400 contractor russi sarebbero presenti a Caracas.

Risulta invece confermato che un team di diplomatici russi sia atterrato in Venezuela e abbia preso contatto con i vertici dello Stato, dell’opposizione e dell’esercito (il ministero degli Esteri conferma inoltre la misteriosa notizia di aver spedito un aereo civile vuoto a Caracas).

La Russia intende giungere a una soluzione che tuteli i suoi interessi, e non lo nasconde affatto. Ieri l’autoproclamato presidente Juan Guaidó ha voluto mandare un esplicito messaggio in questo senso sia alla Russia sia alla Cina. «La cosa più vantaggiosa per Russia e Cina è la stabilità del paese e il cambio di potere: Maduro non protegge gli interessi del Venezuela, non protegge gli investimenti di nessuno, quindi non è redditizio neppure per questi Stati», ha dichiarato Guaidó alla Reuters.

Dopo poche ore è giunta la replica del portavoce del Cremlino Dmitry Peskov che suona come una vera apertura di credito verso l’opposizione: «Indipendentemente dallo sviluppo della situazione politica in questo paese, speriamo e attendiamo con impazienza di poter proseguire e sviluppare le nostre relazioni commerciali ed economiche» ha dichiarato Peskov. Che ha poi precisato come per ora il referente di Mosca resti Nicolás Maduro.

Ma quest’ultimo non deve aver apprezzato la sortita di Peskov. Mosca ora si aspetta che la crisi si possa risolvere per via negoziale e elettorale e senza una crisi militare che costringerebbe Mosca a schierarsi obtorto collo con il governo bolivariano.

Non è certo il realismo politico ciò che manca alla Russia di Putin. «Ci sono rischi per l’attività delle compagnie russe in Venezuela, sarebbe sciocco negarlo» ha detto ai giornalisti il vice primo ministro Dmitry Kozak. Interessi corposi: non si tratta solo dei 17 miliardi di dollari di esposizione creditizia e delle partecipazioni azionarie in molte società petrolifere venezuelane, ma anche degli 11 miliardi di forniture belliche del periodo 2005-2017 mai pagate dal governo venezuelano.