Se Venezuela e Colombia sono ormai da tempo ai ferri corti, la tensione è ulteriormente salita negli ultimi giorni, in seguito alle accuse del presidente Duque su un presunto sostegno del governo Maduro alle guerriglie ancora, o di nuovo, attive sul suolo colombiano. Già il 30 agosto, dopo l’annuncio dell’ex numero 2 delle Farc Iván Márquez sulla ripresa della lotta armata da parte della cosiddetta dissidenza, Duque aveva denunciato che il gruppo contava «sull’appoggio di Maduro». E Guaidó gli aveva dato subito manforte, manifestando l’intenzione di sollecitare la «collaborazione di organismi di intelligence» dei paesi alleati per un intervento nel territorio venezuelano contro l’eventuale presenza di gruppi guerriglieri. Infine erano spuntate anche delle “prove”, contenute in un reportage della rivista colombiana Semana dal titolo «Complotto contro la Colombia: i segreti dell’alleanza tra il governo Maduro, la dissidenza e l’Eln».

Secondo il governo bolivariano, tuttavia, il complotto sarebbe in realtà proprio contro il Venezuela, attraverso la fabbricazione di documenti falsi e la diffusione di fake news, rispetto a cui la Colombia vanta del resto una lunga tradizione. E ne ha fornito anche le prove: il documento della Forza armata bolivariana contrassegnato dal numero 0687, in cui, secondo la rivista, sarebbe stato trasmesso il divieto di attaccare i guerriglieri dell’Eln, corrisponderebbe per esempio, nell’archivio ufficiale dell’esercito, a un ordine di dislocamento di truppe per una missione di distribuzione di alimenti.

In risposta al nuovo attacco da parte della Colombia, il governo Maduro non ha però perso tempo, diramando un’allerta arancione lungo il confine, a cui è seguita la convocazione del Consiglio di sicurezza della nazione con la presenza di tutti i poteri dello Stato: un dispositivo – mai attivato prima d’ora – previsto dalla Costituzione in caso di attacchi imminenti al territorio venezuelano.

E per finire, sono iniziati martedi, negli stati di frontiera con la Colombia, esercizi militari che si prolungheranno fino al 28 settembre impegnando circa 3mila soldati, con tanto di schieramento di un sistema missilistico di difesa antiaerea. «Non intendiamo minacciare nessuno – ha garantito Maduro – ma solo difendere la nostra sovranità» di fronte al rischio che Duque cerchi un pretesto per attaccare il paese, per poi montare uno «show politico» al Consiglio di sicurezza dell’Onu.

E questo benché, dal conflitto armato colombiano, per il Venezuela siano venuti solo guai. La Colombia, ha denunciato Maduro, ha abbandonato la frontiera tra i due paesi alla mercè dei narcotrafficanti e dei gruppi armati, con «tutti gli effetti collaterali che ciò ha comportato per il nostro paese in termini di violenza, sequestri, contrabbando di benzina e migrazioni di massa, con milioni di sfollati colombiani in cerca di rifugio». Una fuga dalla guerra che non è ancora terminata se è vero che, anche quest’anno, sono attesi in Venezuela 250mila colombiani.