Il Venezuela continua ad essere scosso da forti tensioni interne. Il numero di morti a seguito delle proteste di piazza organizzate dalle opposizioni di destra al governo socialista di Maduro aumenta: dall’inzio di aprile si contano 22 vittime, tra forze dell’ordine uccise dai manifestanti e civili armati, di cui otto persone decedute la notte scorsa mentre saccheggiavano una panetteria nella capitale.

FOLGORATI DA UNA SCARICA elettrica. Secondo i vigili del fuoco, un gruppo è entrato nella panetteria La Mayer del Pan nel quartiere di El Valle, dove risiede la classe operaia: un cavo elettrico si è staccato ed è caduto provocando otto morti. Le autorità venezuelane ieri hanno aperto un’inchiesta. Inchiesta aperta anche su undici persone uccise da colpi di arma da fuoco durante le marce degli anti-governativi.

MORTI SU CUI CI SONO VERSIONI diverse: per le opposizioni di destra sono stati uccisi dalla polizia o da sostenitori del governo, per l’esecutivo i responsabili sono paramilitari e civili armati. «Questa opposizione fallita sta tentando di generare il caos in zone chiave della città e convincere il mondo che siamo in una specie di guerra civile, lo stesso copione usato per Siria, Libia e Iraq», ha detto Freddy Bernal, membro del partito socialista ieri.

IL PSUV HA DENUNCIATO la violenza esercitata tramite le guarimbas, guerriglia contro i civili, intensificatasi giovedì notte: ad essere colpito, dice il Ministero degli Esteri, sono stati un ospedale pediatrico a El Valle e alcune panetterie.
Ieri le opposizioni sono tornate nelle strade di Caracas e di altre città venezuelane in quella che hanno ribattezzato «marcia silenziosa» e domani promettono di continuare bloccando le principali strade e vie di comunicazione del paese. Le richieste mosse al governo sono anticipare le elezioni presidenziali previste per la fine del 2018, garantire l’autonomia del Congresso (la cui maggioranza è in mano alle opposizioni di Unità Democratica e non della coalizione socialista che sostiene Maduro) e affrontare la crisi economica in un paese, membro Opec, dipendente dal petrolio e duramente colpito dal crollo del prezzo del greggio a metà 2014.

DOPO LA RISPOSTA dei sostenitori di Maduro, scesi in piazza in concomitanza con le opposizioni, a centinaia di migliaia, per chiedere di evitare lo scivolamento in una guerra civile aperta, venerdì è stato il presidente a rispondere: «Il dialogo è la sola via per costruire la pace. Spero che avranno il coraggio di fare questo passo, di sedersi e parlare per trovare la via della pace».

LO STESSO APPELLO mosso giovedì dall’Onu che ha invitato governo e opposizioni a tornare al dialogo, dopo l’abbandono – alla fine del 2016 – da parte delle opposizioni di quello proposto dal Vaticano e la decisione (rientrata su pressione di Maduro) della Corte Suprema di avocare i poteri del parlamento, lo scorso 29 marzo.