Cosa hanno in comune una cattiva madre, una ragazza tossica, una adolescente sportiva, un’ostetrica generosa, una giocatrice d’azzardo, bevitrice goduriosa, amante dell’amore? (Barrage di Laura Schroeder e Sage-femme di Martin Provost). Nulla eppure poi tutto: l’amore non passa solo dai legami familiari di sangue. Crediamo che sia come se allattando, crescendo dentro la pancia, attraverso il sangue misto alla materia alimentare, come se attraverso queste sostanze liquide si trasmettesse anche l’amore? Non è così, non è tutto genetico, innato; in parte può esserlo, si può avere la fortuna che sia così, solo in parte, ma ci sono madri e figlie, figli e madri, padri e figli, figlie e padri che non hanno assolutamente nulla in comune – stili di vita, gusti, interessi, inclinazioni, attitudini – a parte i legami ancestrali, obbligatori e obbligati.
Attraverso scelte avvenute per caso (ma come dice qualcuno «il caso non esiste»), perché quel giorno si è andati a sinistra invece che a destra o per fortuna, perché si può nascere baciati dalla dea bendata o essere sempre nella melma e un bel giorno svegliarsi sotto una buona stella, si può far parte di quelle persone che hanno qualcosa in comune coi propri generanti (in quel caso sono semplificati la convivenza e il volersi bene).

 

 

Ho il privilegio (non so se lo sia o meno, ma l’ho sempre vissuto così) di essere tra questi ultimi. Ho una madre buona. Sono stata fortunata. Chissà. Da una madre buona ci si affranca con difficoltà, si rimane invischiati – col sorriso sulle labbra e la dolcezza nel palato – in quella melassa amorosa, quell’amore che lei pensa non sia mai troppo (e che da quando son madre, in fondo, lo pensò pure io).
Ricordo con terrore gli occhi duri di Faye Dunaway, che interpreta Joan Crawford, in Mammina cara, o Lyam, figlio innamorato visceralmente della madre in carcere per droga in Sweet sixteen o, in un ribaltamento di ruoli, in La ville est tranquille, Ariane Ascaride, madre pescivendola pronta a tutto pur di salvare la figlia tossicodipendente, arrivando alla prostituzione per procacciarle le dosi, finendo per ucciderla con le sue mani con una quantità letale di droga.

 

 

Avendo una cattiva madre, mi chiedo come sarebbe stato doversene trovare una buona. Molte donne che conosco hanno fatto così. Deve essere strano. Curioso. Innaturale e poi tutto d’un tratto naturalissimo. La vita, a volte per dei brevissimi momenti, a volte più a lungo, ti fa stare vicino a qualcuno che non prevedevi, che avevi visto prima sotto tutt’altra luce, che non avevi conosciuto bene e che pensavi fosse tutto diverso. È bello sapere che nel mondo esistono delle grandi donne, forse senza figlie, forse con figlie (comunque con cui non vanno d’accordo, magari solo per via della relazione genitoriale dentro cui sono incastrate), delle donne che, nella loro esperienza personale, sono state delle cattive madri perché non sono riuscite a fare altrimenti o solo per disattenzione, per egocentrismo, per epoca storica, che ora vedono in me una potenziale possibilità di riscatto, senza fare differenza tra una figlia di sangue e una figlia immaginaria, ma non per questo meno reale.

 

 

Penso a tante amiche legate a donne adulte, mature, penso anche a scelte di genere sessuale, in cui si diventa una coppia amando un’altra donna con una differenza di età dentro cui passa la stima, certamente il bisogno di protezione, ma anche l’amore, tutte queste nuove declinazioni possibili, non ognuno di noi le può percorrere, solo qualcuna. Eppure è bello sapere che può succedere… Madri, figlie, donne: bellezza e amore mescolati in percentuali diverse per ognuna.
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