La rete intrecciata nei 41 anni dal festival di Cinema e donne di Firenze, del Laboratorio Immagine Donna di Maresa d’Arcangelo e Paola Paoli ha raggiunto zone sconosciute ad altre manifestazioni cinematografiche. Così erano i racconti dalle registe della Ddr appena dopo la caduta del muro, ma anche prima, le opere di registe baltiche e georgiane che, in quanto donne erano meno messe sotto controllo dai regimi, o le palestinesi che evitavano i checkpoit passeggiando svagatamente lungo i sentieri con i film nella borsa della spesa per uscire dal paese inosservate.
Abbiamo così scoperto, grazie al festival di Firenze nel corso degli anni, problematiche di cui non si era a conoscenza, perfino come parlare di denaro senza provare vergogna (sì era proprio così nell’Italia degli anni Ottanta), grazie alle produttrici indipendenti tedesche o alle agguerritissime australiane.
Quest’anno il programma di Cinema e Donne di Firenze che si tiene dal 20 al 24 novembre (al Cinema la Compagnia, all’Istituto francese e all’Istituto tedesco) ha come titolo «Madri di storie» sotto il segno di Agnès Varda e dei suoi film ribelli. A lei è dedicata una retrospettiva di film degli anni ’70: L’une chante et l’autre pas (’77) Black Panthers (’68), Plaisir d’amour en Iran (’76). Madri che trasmettono la memoria, signore del romanzo, premi Nobel, «corpi narranti» nel cinema anche se da soli pochi anni: le registe infatti hanno cominciato a farsi vedere dalla fine dei Sessanta, nonostante le avessero precedute i grandi nomi delle avanguardie e le pioniere.

MARIA LUISA BEMBERG
Una di queste «Madri» del continente latinoamericano e del femminismo internazionale è Maria Luisa Bemberg (1922-1995), regista e sceneggiatrice argentina che apre sontuosamente il festival con la proiezione di mercoledì 20 (ore 21) con Yo la peor de todas (Io la peggior e di tutte) con una copia in 35 mm proveniente dagli archivi di Buenos Aires. La sua è stata un’influenza fondamentale sul lavoro delle registe della nuova onda argentina e l’intero continente per il suo impegno femminista, fondatrice dell’Unione femminista argentina, sceneggiatrice per Raul de la Torre e Fernando Ayala, fondatrice della sua casa di produzione con Lita Stantic altro celebre nome del femminismo, fondatrice del Tearo Globo,autrice di film diventati famosi internazionalmente conme Camila nominata agli Oscar nell’85, Miss Mary (’86) con Julie Christie, Di questo non si parla (’93) con Marcello Mastroianni. Appartenente alla facoltosa famiglia che nel 1888 fondò la fabbrica di birra Quilmes ha spesso raccontato dal punto di vista dell’alta borghesia tutti gli effetti del patriarcato nella realtà del suo paese, ma valida in tutto il continente e oltre, nodi così radicati che ancora spuntano nei film di battagliere registe come Lucrecia Martel (che aveva esordito proprio con un impietoso ritratto della classe alta in declino in La ciénaga), nodi complicati da sciogliersi in un paese che pure ha avuto battagliere organizzazioni di donne. Ostacoli come le classi sociali, la chiesa cattolica spesso intrecciata al potere costituito, il suo controllo sociale, il machismo. Yo la peor de todas è interpretato oltre che da Assunta Serna e Dominique Sanda da un gruppo di attori condannati dalla dittatura alll’esilio come Hector Alterio e Lautaro Murua. Lei stessa messa sotto tiro, nel numero dei cineasti che non lasciò il paese dopo il ’76, anche perché la dittatura colpiva soprattutto gli attori, celebrità di riferimento per il vasto pubblico, più che i registi. Il film è ispirato a Sor Juana o la trampa de la fe di Octavio Paz, racconta gli ultimi anni di Juana Inés de la Cruz (Mexico 1651-1695) che si chiude in convento per poter studiare, appoggiata dal Viceré di Spagna e osteggiata dalla Chiesa cattolica che non tollerauna suora che si dedica alla filosofia, alla teologia e alla poesia. Finirà nella rete dell’Inquisizione.

MONGOLIA
Cinema e donne ha sempre esplorato orizzonti lontani e inediti e da almeno seimila chilometri arriveranno(giovedì 21) le ragazze della Mongolia (regista, attrice, produttrice e distributrice) con The Blue Destiny di Altantuya Tumurbaatar. Il film racconta il paese di nomadi dediti alla pastorizia negli anni ’60 attraverso la storia di una maternità nel rapporto rituale e magico tra il deserto dei Gobi e le montagne.Oggi sono lontani i tempi in cui il regime chiedeva alle donne di avere almeno cinque figli (medaglia d’argento al valore civile) e premiava le madri di otto figli con una medaglia d’oro, ma ora in un’epoca di turbolenta transizione non esistono più i supporti gratuiti di un tempo e la mancanza di contraccettivi porta a un alto tasso di mortalità.

ISLANDA DELLA PARITÀ
L’Islanda è un paese emblematico per quanto riguarda la parità di genere, in forte crescita economica con leggi a difesa della gender equality e dei diritti delle donne . Il film islandese è The Deposit di Ásthildur Kjartansdóttir (venerdì 22) storia conflittuale di una giornalista paladina dell’emancipazione alle prese con le differenze culturali di coinquiline immigrate provenienti da Messico e Uganda.
Protagoniste del festival saranno anche Laurence Ferreira Barbosa nella sua doppia visione lusitano francese con Tous les rêves du monde, dal Marocco Meryem Benm’Barek con Sofia, visto al Certain Regard di Cannes nel 2018 (migliore sceneggiatura, grande personalità), e poi ancora Svezia con il ritratto dell’autrice di Pippi Calzelunghe Astrid Lingren firmato da Pernille Fischer Christensen, Israele (Working Woman di Michal Aviad, le avances del capo), la Spagna di Carmen y Lola di Arantxa Echevarría, la Polonia di Agnieszka Smoczynska classe ’76, vicina al punk horror musicale, in una parola alla transizione.
Una scelta di recenti cortometraggi italiani proposti come appunti, poesie, frammenti da inserire nel patrimonio comune di elaborazione sono firmati da Giulia Casagrande, Sofia Vettori e Alex Class, Teresa Paoli, Sandra Somigli, Angela Prudenzi, Cleo Camaioni, Emanuela Piovano. E il focus sulle Nemesiache, il movimento femminista napoletano, con i film di Lina Mangiacapre, Lina alias Nemesi, la dea della vendetta.