Alla fine ci sta pure una battuta: «I governi e gli impegni dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite sullo sviluppo? Non lo dico da papa ma lo dico con la grande Mina: parole, parole, parole». La platea dell’Auditorium Paolo VI in Vaticano ride e si spella le mani.

Sono soprattutto studenti, settemila, arrivati un po’ da tutta Italia. Fanno parte di un progetto iniziato tre anni fa dalla Tavola della pace d’intesa con il Miur e promosso dal Coordinamento degli Enti Locali per la Pace, la Rete Nazionale delle Scuole di Pace e un altra decina di sigle tra cui la Regione Friuli Venezia Giulia e i Giovani Musulmani d’Italia.

I ragazzi, dalle medie al liceo, hanno lavorato in questi anni sul tema della guerra: informandosi, interrogandosi e anche suggerendo soluzioni. L’ultima, uscita da una media di Udine alcuni giorni fa, quella di istituire un’«ora di pace» a scuola, come si fa con quella di religione.

Bergoglio, uomo attento allo spirito ma anche al corpo degli uomini, accetta di incontrarli e di rispondere alle domande di Maria, Michele, Luca, Costanza su conflitti, violenza, discriminazione. Su quest’ultimo punto cita lo scontro elettorale tra Macron e Le Pen come pessimo esempio di «non ascolto» ma la stoccata c’è anche per i Matteo Salvini di turno, anche se il papa nomi non ne fa mai: «Ci sono persone che usano le parole per discriminare e ferire: li chiamo terroristi delle chiacchiere». Sulla guerra, dramma del mondo, l’accusa è soprattutto al traffico d’armi, arte in cui, come ci ha appena ricordato Rete Disarmo, l’Italia eccelle.

E a proposito di bombe il papa non risparmia Trump: «Hanno chiamato quell’ordigno “la madre di tutte le bombe”. Ma una madre dona vita, quella regala morte. Ho provato vergogna». Ma se c’è chi traffica in armi e chi traffica in droga, avverte Bergoglio, c’è chi traffica anche in esseri umani e non solo permettendo le stragi nel Mediterraneo: «C’è chi sfrutta il lavoro altrui e non solo in luoghi lontani: lo si fa qui, in Europa, in Italia. Lo si fa pagando chi lavora in nero e con assunzioni stagionali, per evitare la continuità. Questo sfruttamento è, per noi cattolici, peccato mortale».

Nessun pontefice si era spinto così lontano, difendendo, in un certo senso, anche l’ormai sepolto articolo 18. E se Bergoglio condanna ritualmente il «Dio denaro» – come ogni papa ha sempre fatto – questa volta il monito non è solo ai mercanti nel tempio. E i diritti dei lavoratori, nel giorno in cui nella stessa città si manifesta per difenderli, diventano nelle parole di Francesco un elemento che non è avulso dal discorso sulla pace.

I ragazzi sono commossi e con loro sindaci, amministratori locali e professori. 162 insegnanti gli consegnano un piccolo manuale di linee guida sull’educazione alla pace. Il papa apprezza. I ragazzi applaudono. Fuori, un timido sole scaccia la pioggia.