Madonna è finalmente sbarcata in Europa, a Lisbona per l’esattezza, con il Madame X Tour, dopo quattro mesi di successo e passione negli Usa, tra polemiche per l’embargo dei cellulari durante i concerti, posticipi e annullamenti di date a causa di un infortunio al ginocchio. Ma a Madonna regina dei record di vendite, ascolti e visualizzazioni, a Madonna sciamana di tendenze della moda e del costume, a Madonna musa di costosissimi tour ipertecnologici, a Madonna sacerdotessa del sacro e del profano, a Madonna dispensatrice di provocazioni sessuali, a Madonna campionessa del girl power, a Madonna protettrice dei diversi, a Madonna afflitta da rosari spesso riduttivi di etichette, denigrazioni, dichiarazioni di inconsistenza artistica e genio imprenditoriale, attestati di fine carriera per sopraggiunti limiti di età, certificazioni di esaurimento creativo, sembra non essere consentito infortunarsi e provare dolore.

È VERO che i tentativi di addomesticare perimetrandola e catalogandola Luisa Veronica Ciccone, prossima ai 62 anni di età, più che impedimenti o diminuzioni, nei quasi quarant’anni di carriera trascorsi dal 1982 del singolo d’esordio Everybody, sono sempre stati vissuti come sfide da accettare, limiti da superare, paradigmi da rovesciare, insomma occasioni da cogliere per «trasformare l’argento in oro» (recita I fucked up, 2012). Ma, critiche storiche a parte, l’ostacolo maggiore con cui Madonna ha a che fare al presente è il fatto che una parte della sua stessa fanbase, di poco anagraficamente più giovane di lei, scontando evidenti problemi di accettazione del tempo che passa, amplificata dal fracasso dei soliti hater attivissimi sui social, la dileggia perché non solo accetta il tempo che passa (nonostante i tentativi di lenirne gli effetti fisici: chi non lo farebbe?), ma lo cavalca, cambia, con leggerezza ironica, talvolta sardonica o perfino grottesca. Con tutte le imperfezioni dell’essere umana. A volte facendosi male e dovendosi fermare. E poi rialzandosi (dice l’inno I rise, 2019), con energia rinnovata e più consapevole.

IL DEBUTTO lisbonese del Madame X Tour ha avuto il gusto di un piatto la cui ricetta, provata e riprovata, ha portato a una semplificazione dei sapori che lascia spazio anche all’improvvisazione del cuoco, alla sua ispirazione del momento. Madonna si concede di riempire il Coliseu con la voce più che con scenografie imponenti e continui cambi d’abito. Ci sono le sfavillanti immagini proiettate, le coreografie di ballerini strepitosi e i virtuosismi di musicisti raffinati (come il sedicenne Gaspar Varela) a creare insieme a lei la magia di uno spettacolo che ha, appunto, il dono della leggerezza. Indietro il gigantismo e gli effetti speciali dei tour negli stadi, avanti l’intimismo e una drammaturgia stile Broadway. E allora accade di sentire la hit dance Express yourself a cappella e la ballata hip hop Crave nella versione dance di Tracy Young o La isla bonita in salsa coladeira tra Fado Pechincha e la versione di Saudade di Cesária Évora. Ma soprattutto accade che la star se ne infischi di compiacere i fan meno accorti cantando gli evergreen per concentrarsi quasi esclusivamente sul neonato concept album che dà il nome al tour. Così lo spettacolo diventa la messa in scena di un mix straordinariamente fresco di art pop e world music: un caleidoscopio di suoni e ritmi che spazia dal baile funk alla electro al batuque al reggaeton alla trap, icona musicale del messaggio libertario ed egualitario che Madonna persegue da sempre, umanizzato con un evidente carico di tenerezza dalla presenza della sua famiglia in scena (figli biologici in video e figli adottivi sul palco).

E SU TUTTO l’inconfondibile marchio di un’artista in grado di tradurre la complessità della cultura di massa del villaggio globale in armonie semplici e messaggi iconici difficili da dimenticare, confermandosi l’ultima discendente di una genealogia che la collega a nomi come Frida Kahlo, Andy Warhol, Keith Haring, David Bowie, Freddy Mercury. Il marchio di una ritrovata, forse mai perduta giovinezza, perché il pop è e sarà sempre la giovinezza del contemporaneo. Lo si dica forte a chiaro agli ageist che qualche mese fa hanno inveito contro la star che mostrava su Instagram il suo corpo non più perfetto, terreno sul quale si compiva la sua ennesima demistificazione, più lancinante di tutte le precedenti perché, come nella favola di Andersen, ci ha costretto a guardare l’Imperatrice nuda. Madonna ha fatto dunque coming out, toccando un nervo scoperto della nostra cultura: si è svelata e ci ha svelato una nostra debolezza, combattendo per sé e per chi non sa (ancora) cosa voglia dire invecchiare (per di più da donna) in un mondo che rimuove la vecchiaia. All Hail the Queen.