Emmanuel Macron nelle vesti di un «Sisifo felice» deciso a scalare la montagna Europa, ha presentato ieri alla Sorbona, di fronte a un pubblico di studenti (mentre fuori qualche decina ha contestato), un ambizioso progetto di rinnovamento e rilancio della Ue, in una prospettiva decennale, per un’Europa «sovrana», «unita», «democratica».

UN PROGRAMMA GLOBALE, sei «chiavi», che vanno dalla difesa comune, a politiche comuni per i migranti (con procedure di asilo comuni), alla politica estera con al centro l’aiuto allo sviluppo, la difesa dell’ambiente, l’investimento nel digitale e un bilancio della zona euro (ma anche più Erasmus per i giovani): un orizzonte per i prossimi anni proposto a tutti, ognuno al suo ritmo, lasciando la possibilità di un’Europa a «vari formati», con l’obiettivo di una Ue che possa competere con Usa e Cina. Un’idea ambiziosa di Europa, che nel passato ha «trionfato sulle rovine» delle guerre e che oggi è indispensabile per sconfiggere le derive del nazionalismo e di tutti i populismi del ripiego su di sé, per evitare che il Brexit abbia dei successori.

A 48 ORE DAL VOTO tedesco, Macron si è rivolto ieri prima di tutto alla Germania. Nella speranza di poter influenzare le difficili scelte che deve fare Angela Merkel: a Berlino la Francia propone di andare avanti per primi in modo coordinato, sull’innovazione come sul fisco per le imprese, proprio nel giorno in cui deve essere precisata l’acquisizione di Alstom (produttore del Tgv) da parte di Siemens (oggi al vertice franco-italiano c’è anche la questione Fincantieri-Chantiers de l’Atlantique). Ai partner, Macron presenta la prospettiva di un nuovo trattato Ue, che lasci dietro di sé l’Europa «troppo debole, lenta e inefficace» di oggi, da cui i cittadini si sono allontanati per prefigurare una potenza internazionale protettrice, in grado di rispondere alle sfide dell’epoca, che sono globali (terrorismo, clima, migrazioni, occupazione, scambi culturali).

Macron ha parlato per più di un’ora e mezza, ma non è stata solo retorica. Il quadro generale è stato tradotto in una serie di misure concrete, riassunte in alcuni punti principali. In primo piano Macron ha posto la «sicurezza», per arrivare a «una cultura strategica comune», con una «forza comune di intervento», la creazione di un’accademia europea di intelligence, l’accoglienza reciproca di militari nei rispettivi eserciti (il tutto in tempi brevi, entro il 2020). Convergenza progressiva sulle migrazioni, «una crisi che durerà a lungo» a causa delle «ineguaglianze causate dalla mondializzazione»: protezione delle frontiere esterne, politiche comuni di asilo, ma anche solidarietà verso i paesi d’origine (tassa sulle transazioni finanziarie).

PER LA DIFESA DELL’AMBIENTE, Macron propone all’Europa di diventare leader delle nuove produzioni, a cominciare dall’auto pulita. La strada passa per un’agenzia europea dell’innovazione, per finanziare la ricerca, in particolare nel digitale, una delle principali «chiavi» della sovranità europea. L’Europa potenza economica deve essere in grado di imporre una carbon tax per l’entrata nel mercato europeo e un mercato unico digitale, che comprende anche la tassazione delle multinazionali del settore, che sfuggono scegliendo l’ottimizzazione fiscale. Macron ha molte ambizioni per la zona euro, il «cuore» dell’Europa integrata. La Germania, soprattutto adesso che si profila un’alleanza di Merkel con l’Fdp lib-dem, non vuole sentir parlare di mutualizzazione dei debiti passati, Macron risponde: «Non ho linee rosse, ho solo orizzonti», cioè guardiamo al futuro, gettiamo le basi di un bilancio comune della zona euro, per una convergenza e stabilità delle politiche economiche, che saranno favorevoli anche per l’occupazione giovanile («un giovane su 5 è senza lavoro in Europa, no a una generazione di giovani destinata alla disoccupazione»). Macron propone un metodo per la convergenza fiscale, sconfiggendo il dumping: stabilire una forbice di tassi di imposizione, condizione da rispettare per poter accedere agli aiuti europei.