Un grande pessimismo dopo la lunga telefonata con Putin di ieri, su richiesta del presidente russo, che si è conclusa con la costatazione drammatica che «il peggio deve ancora venire» nella guerra di aggressione all’Ucraina. Ma anche dell’ottimismo, nei termini più sobri possibili, nella “lettera” che Emmanuel Macron pubblica oggi sulle pagine dei giornali regionali, per annunciare che sarà candidato alla presidenza il 10 aprile prossimo. «Sono candidato per inventare con voi, di fronte alle sfide del secolo, una risposta francese e europea», scrive Macron, che propone una «riconquista produttiva attraverso il lavoro», per «costruire una Francia dei nostri figli», contro una rincorsa del passato, come proposto da vari concorrenti, «per difendere i nostri valori che i disordini del mondo minacciano».

Macron ha aspettato l’ultimo momento: la “lettera” esce nelle edizioni di stamattina, mentre le candidature si chiudono al Consiglio costituzionale alle ore 18. La lista ufficiale dei candidati sarà comunicata lunedì 7, dopo la verifica dei “patrocini” – sono necessarie almeno 500 firme di eletti (sindaci, deputati delle due camere e del parlamento europeo, consiglieri degli enti locali), il sistema è un “filtro” per evitare il moltiplicarsi di candidature.

L’ENTRATA NELLA CORSA di Macron non è evidentemente una sorpresa. Sulla forma, in piena guerra in Europa, la scelta è stata di farlo nel modo più sobrio possibile: il modello è quello del secondo mandato di François Mitterrand, nel 1988, che aveva scelto una “lettera” a tutti i francesi, con lo slogan, che anche Macron non ricusa, della «Francia unita», in contrapposizione a cinque anni di crisi (a cominciare dai gilet gialli, il Covid, l’Ucraina). Macron ha un vantaggio su tutti gli avversari, come presidente della Repubblica, presidente del Consiglio Ue, dirigente europeo che deve far fronte alla guerra in Europa, dedica tutto il suo tempo alla diplomazia, con grande attivismo. Questo lo mette al di sopra oggettivamente dei contendenti, che lottano nel vuoto, senza avversario. Una campagna elettorale di «morti viventi» ha detto con condiscendenza il portavoce del governo, Gabriel Attal.

MERCOLEDÌ SERA, Macron è intervenuto in tv per parlare della guerra. Oggi, pubblica una “lettera” che delinea le grandi linee di un programma, che dovrà essere definito. Ma molti elementi sono noti: la politica economica, che prevede in risposta alla guerra un “piano di resilienza” che segue a ruota il “a qualunque costo” adottato per far superare al paese la crisi del Covid; la politica energetica, con il rilancio del nucleare e della costruzione di nuovi reattori nel prossimo futuro; il progetto di costruire una difesa europea – a fine marzo la Ue discute della “bussola” – con un aumento della spesa militare, in accordo con la Germania; la visione di un’Europa-potenza, autonoma. Nel programma ci sarà la dolorosa riforma delle pensioni. Ci sarà sempre l’en même temps, cioè il tentativo di conciliare al centro tendenze diverse.

LA CAMPAGNA PUÒ partire, anche se la guerra in Ucraina ormai occupa tutto. Al primo turno, il 10 aprile, i candidati saranno molto probabilmente 11, come nel 2017 (forse 12, se il trotzkista Phlippe Poutou riesce a raccogliere le 500 firme all’ultimo momento). La particolarità è che solo 3 sono chiaramente pro-europei: Macron, che ne fa l’asse della campagna, la socialista Anne Hidalgo e il verde Yannick Jadot. Valérie Pécresse, candidata dei Républicains, è europeista, ma deve tener conto di un’ala sovranista, che alle primarie ha ottenuto il 40%.

L’estrema destra è rappresentata da tre candidati, Marine Le Pen (che ieri sera ha avuto la sua serata tv, e a sorpresa come interlocutore per un breve momento l’italiano Enrico Letta), il polemista tv Eric Zemmour, infine Nicolas Dupont-Aignan, che la cui unica aspirazione è essere primo ministro dei Le Pen. Tutti e tre in perdita di consensi, anche a causa della vicinanza ostentata e degli elogi inopportuni a Putin nel recente passato.

LA SINISTRA ARRIVA A PEZZI e in pieno “confusionismo”, con divisioni difficilmente conciliabili: il meglio piazzato, che ha la possibilità di andare al ballottaggio, è Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise, che presenta un programma studiato, non improvvisato. Oltre a Hidalgo e Jadot, dopo la rinuncia di Christiane Taubira, ci sono ancora Fabien Roussel (Pcf) e Nathalie Artaud di Lutte ouvrière (e forse Poutou).