Maggiore solidarietà tra gli stati membri per quanto riguarda l’immigrazione, promozione dell’unione bancaria e di un ministro unico delle finanze e consultazioni popolari tra gli Stati per decidere quali dovranno essere le priorità della nuova Europa. Ma anche via libera all’idea, proposta dal presidente francese Emmanuel Macron, di liste transnazionali per le elezioni europee del 2019.

Dopo un anno trascorso nella paura di veder trionfare i nazionalismi, il 2018 si apre con la scommessa degli Stati che si affacciano sul Mediterraneo di dar vita a una nuova e più unita Unione europea. E’ quanto emerge dalla dichiarazione finale del vertice Med-7 che ieri, su invito del premier Paolo Gentiloni, ha riunito a Roma oltre a Macron il premier spagnolo Rajoy, quello maltese Muscat, il greco Tsipras, il portoghese Costa e il cipriota Anastasiades. «C’è bisogno di una Ue più coesa in cui le differenze si riducono e il momento per farlo è questo. Un momento in cui la congiuntura economica favorevole consente di fare investimenti per il futuro», ha spiegato Gentiloni al termine del vertice.

In realtà quello messo a punto dai sette leader sembra più un elenco di desiderata che una lista di impegni futuri. Dietro c’è la consapevolezza, come non ha mancato di ricordare Gentiloni, che insieme i sette Paesi rappresentano un quarto della Ue e, soprattutto, il 47% del budget comunitario, numeri che gli danno il diritto ad avere voce in capitolo su tutti i temi trattati. Dal punto di vista politico l’obiettivo è però quello di dar vita a un fronte comune dei Paesi del Sud nella speranza di riuscire a riunire intorno a sé nuovi consensi da contrapporre al blocco dei Paesi dell’Est in vista del vertice europeo di marzo. Dove i motivi di scontro non mancheranno se si considera che tra le centralità che l’Unione dovrà affrontare quest’anno ci sono , solo per fare due esempi, la riforma del diritto di asilo e la definizione del nuovo budget europeo, temi sui quali Ungheria, Cechia, Polonia e Slovacchia, ma anche Romania e Austria sono pronti a dare battaglia.

Su Dublino sembra essere stata raggiunta una posizione comune, nonostante le divergenze del passato come la scarsa adesione francese al principio delle quote obbligatorio per i richiedenti asilo. Ieri invece è stato lo stesso Macron a sottolineare la necessità di arrivare a una «convergenza dei punti di vista sui migranti» insieme alla «necessità di rispondere rapidamente alle incoerenze del regolamenti di Dublino». Il che significa poter finalmente arrivare all’abolizione del principio di paese di primo arrivo che fino a oggi ha penalizzato pesantemente Italia e Grecia. Più facile, invece, trovare una convergenza – in nome della lotta ai trafficanti di uomini- su una maggiore collaborazione con i paesi di origine dei migranti, collaborazione che finirà col trasformarsi come al solito in nuove misure per fermare le partenze di quanti sognano di arrivare in Europa.
Oggi la scena sarà tutta del presidente francese che dopo un incontro con il presidente Mattarella siglerà con Gentiloni il «Trattato del Quirinale» destinato a dar corpo a «cooperazione rafforzata» tra Italia e Francia su temi di interesse europeo ma soprattutto nel settore industriale, con particolare attenzione a quello navale, «sia civile che militare».