Meno di dieci giorni fa Mohammed Javad Zarif atterrava a Biarritz, il modo di Macron per sparpagliare le carte distribuite dal primo giocatore, gli Stati uniti.

L’incontro, a margine del G7, tra il ministro degli esteri iraniano (principale artefice dell’accordo sul nucleare del 2015) e il presidente francese serviva a smuovere le acque, tanto che Donald Trump aveva parato il colpo aprendo a un possibile incontro con l’omologo iraniano Hassan Rohani.

Ora Parigi ne tenta un’altra, senza mettere in dubbio l’egemonia statunitense: Macron avrebbe proposto una linea di credito da 15 miliardi di dollari all’Iran, per l’acquisto di petrolio, in cambio di un rinnovato rispetto di Teheran dell’accordo, le cui limitazioni ha violato come forma di pressione verso la Washington trumpiana (il 6 maggio e il 6 luglio è tornata ad arricchire l’uranio).

Conferme arrivano da fonti europee e dal ministro degli esteri francese Le Drian, che non ha però dato somme precise.

Lunedì a discuterne per 10 ore nella capitale francese sono stati una delegazione iraniana guidata dal vice di Zarif, Abbas Araghchi, e un team francese: l’idea è permettere all’Iran l’export di 700mila barili di greggio al giorno fino a fine anno, per dare fiato a un’economia soffocata.

Macron tenta così di dare a Rohani quanto chiede, concretezza alla lobbying europea per mantenere vivo l’accordo di quattro anni fa.

In realtà così non è, o non del tutto: della linea di credito Macron avrebbe discusso con Trump durante un pranzo a margine del G7, senza ricevere al momento risposte chiare. Per questo ieri ha mandato un suo inviato, il ministro delle finanze Bruno Le Maire, alla Casa bianca per ricevere il via libera di Trump, senza il quale Parigi non muoverà foglia.

I dubbi in casa iraniana non mancano. Non solo non è ancora chiaro se l’accesso a quei fondi, per Teheran, sarebbe libero e indipendente, ma soprattutto la proposta fa dipendere l’aggiramento delle sanzioni da chi le sanzioni le ha reintrodotte (gli Usa).

Tanto che ieri Rohani in parlamento ha ribadito la posizione dell’Iran: nessun dialogo fin quando le sanzioni non saranno ri-cancellate. Dunque, sì a negoziati multilaterali (non bilaterali con Washington) purché cadano le limitazioni all’economia e la finanza iraniane reintrodotte nel 2018 da Trump e che stanno gettando il paese nella crisi.

E non è mancata l’ennesima bacchettata all’Europa, tuttora incapace – 15 miliardi o no – di bypassare quelle sanzioni e prendere le distanze dai diktat della Casa bianca. Passi concreti, ha detto ieri Rohani, o entro domani (il 6 settembre) Teheran arricchirà l’uranio al 20%.