Siamo di fronte a “sfide comuni”, quindi “avviciniamo le nostre leggi e siamo più efficaci”. Emmanuel Macron ha annunciato questa settimana, di fronte ai Prefetti, la “rifondazione completa della politica di immigrazione”, che sarà messa in atto entro il primo semestre 2018 (con una prima stesura quest’autunno), perché “se non agiamo per rifondare sarà il consenso repubblicano attorno alle nostre tradizioni di accoglienza e asilo ad essere rimesso in causa” e “i soli vincitori saranno gli estremismi”. In pratica, Parigi intende avvicinarsi al modello della Germania, dove il diritto d’asilo è meno generoso di quello della Francia (per esempio per i cittadini di Afghanistan e Albania). Ma la Germania, prima di irrigidire il sistema, ha aperto le porte a un milione di rifugiati: questa parte del “modello tedesco” è pero’ trascurata, perché la Francia ritiene di non aver nulla da rimproverarsi. E’ un vecchio paese di immigrazione (12 milioni tra immigrati e figli che non hanno ancora acquisito la nazionalità, cioè il 19% della popolazione, percentuale che sale al 23% su tre generazioni, mentre se si risalgono 4 generazioni un quarto dei francesi è oggi di origine immigrata, uno su due dall’Europa, tre su dieci dall’Africa). In Francia c’è lo jus soli, non più immediato alla nascita come era fino al ‘93, ma che permette a chi è nato in Francia da due genitori stranieri di acquisire la nazionalità dai 13 ai 18 anni, se ha trascorso gli ultimi 5 anni nel paese. Ogni anno entrano legalmente in Francia intorno alle 200mila persone (227.500 permessi di soggiorno nel 2016, pari allo 0,34% della popolazione), la più alta percentuale per i ricongiungimenti famigliari, seguono gli studenti (70.250 nel 2016) e infine i rifugiati che richiedono l’asilo politico, a cui Macron promette una risposta veloce, sei mesi al massimo, contro i due anni circa attualmente (l’immigrazione illegale è valutata intorno alle 200mila persone). Anche se l’immigrazione economica è formalmente illegale dal ’74, esistono molte eccezioni e nel corso del tempo ci sono state delle sanatorie, ormai un’abitudine del passato. E’ per questo che Macron insiste sulla differenza, nei fatti labile, tra “richiedenti asilo”, da proteggere perché portatori di “un diritto imprescindibile”, e i migranti per motivi economici, da respingere (a parte nei settori in mancanza di manodopera o per i più qualificati). Ai Prefetti ha affermato che il livello delle espulsioni dalla Francia “è troppo basso”, “lasciamo insediarsi centinaia di migliaia di persone in un no man’s land amministrativo”, con zone di crisi, come Calais, Ventimiglia o Porte de la Chapelle a Parigi. Dalla Germania Macron vuole importare l’efficienza per “migliorare il ritorno verso i paesi d’origine”: è stato nominato un ambasciatore speciale per accelerare le procedure presso i “paesi recalcitranti” a riaccogliere i loro cittadini, verrà rivista la legge sui ritorni volontari (4500 nel 2017, con un aiuto di 1850 euro). Il ministro degli Interni, Gérard Collomb, ha precisato che verranno destinati “mezzi specializzati” per rimandare i cosiddetti “dublinati” nel primo paese di entrata in Europa (sui rifugiati accampati a Parigi, per esempio, i due terzi provengono dalla Germania). Per quanto riguarda le ricollocazioni da Grecia e Italia, al Consiglio l’impegno della Francia era di 12.599 persone. Ma poi la “promessa” è stata rivista al ribasso, come in tutti gli altri paesi, compatibilmente con i costi e le possibilità di accoglienza: il numero, dall’Italia, è calato dall’impegno di più di 7mila rifugiati, a 1170, ma concretamente ne sono stati ricollocati ad oggi solo 330.