La Francia riconosce per la prima volta la «responsabilità dello stato» nei casi di morte e tortura durante la guerra d’Algeria. Ieri, Emmanuel Macron ha incontrato la vedova del matematico Maurice Audin, comunista, militante anticolonialista, ucciso a 25 anni nel ’57 in Algeria e di cui non è mai stato ritrovato il corpo. Macron ha parlato di «sistema legalmente istituito di arresto-imprigionamento», affidato «in via legale» all’esercito, da un voto del Parlamento  che aveva dato poteri speciali all’esercito nel ‘56.

«Era ora che la nazione facesse un lavoro di verità» ha detto Macron riconoscendo «in nome della Repubblica francese che Maurice Audin è stato giustiziato o torturato a morte da militari che l’avevano arrestato al suo domicilio», l’11 giugno del ’57 (i parà avevano sempre detto che il prigioniero era scappato). Questa ammissione era attesa da più di 60 anni. Macron aveva già definito «crimine contro l’umanità» il colonialismo francese. Il presidente ha annunciato che gli archivi sui desaparecidos della guerra d’Algeria saranno aperti. Secondo lo storico dell’Algeria, Benjamin Stora, «questa dichiarazione si inscrive nella grande tradizione di riconoscimento storico, come, in un altro registro, il discorso di Jacques Chirac sul Vel d’Hiv», il rastrellamento a Parigi realizzato dalla polizia francese il 16 e 17 luglio ’42 di 13.152 ebrei, poi deportati.

La destra già grida allo scandalo. Macron ha preso la precauzione di evocare «l’onore di tutti i francesi, civili e militari, che si sono opposti alla tortura». Il matematico, medaglia Fields, Cédric Villani (deputato En Marche) ha lavorato per il riconoscimento della tortura e assassinio di Maurice Audin.