Domani, Emmanuel Macron debutta al Consiglio europeo a Bruxelles, dopo aver nominato, oggi, il secondo governo guidato da Edouard Philippe. Avrebbe dovuto essere un semplice “rimpasto tecnico”, le dimissioni sono di rigore dopo le legislative. Ma la questione della trasparenza e della moralità dei ministri obbliga il presidente ad intervenire con mano più pesante. La ministra degli Eserciti, Sylvie Goulard, rinuncia alla carica, per poter “dimostrare liberamente la mia buona fede e tutto il lavoro che ho svolto” al Parlamento europeo. Sylvie Goulard appartiene al MoDem, partito che è al centro di un’inchiesta sul pagamento dei collaboratori a Strasburgo, che remunerati dal Parlamento europeo avrebbero anche lavorato per il partito in Francia. Sylvie Goulard, che è conosciuta per essere tra i più attivi parlamentari europei, non ha mai gradito questi arrangiamenti, che facevano pero’ comodo al MoDem, partito senza soldi in Francia perché fino alle legislative appena svolte aveva pochi seggi (e quindi pochi finanziamenti). E’ stata probabilmente una vendetta del Fronte nazionale, implicato in un grosso scandalo di impieghi fittizi pagati dal Parlamento europeo (che reclama la restituzione di 5 milioni di euro), ad alimentare i sospetti sul MoDem. Il leader del MoDem, il ministro della Giustizia François Bayrou, non ha nessuna intenzione di abbandonare la carica, affrontando l’imbarazzo di un politico che deve giustificare pratiche non troppo trasparenti proprio nel momento in cui presenta la prima legge della presidenza Macron, sulla “moralizzazione” della vita politica. In prospettiva, il MoDem – di cui la maggioranza di Macron non ha bisogno all’Assemblea – potrebbe essere progressivamente allontanato dal governo. Per il momento, il destino dell’altra ministra MoDem, Marielle de Sarnez agli Affari europei, è anch’esso in sospeso.

Macron ha risolto con una piroetta politica l’altro “caso” imbarazzante: Richard Ferrand, fedele della prima ora di En Marche, è implicato in uno scandalo di conflitti di interesse immobiliari che risalgono ai tempi in cui era membro del Ps e presidente delle Mutuelles de Bretagne. E’ già deciso che Ferrand rinuncia al ministero della Coesione territoriale, per presentarsi alla presidenza del gruppo En Marche all’Assemblea. I 308 neo-deputati, la maggioranza dei neofiti, hanno bisogno di qualcuno che conosca i meccanismi del funzionamento dell’Assemblea. Cosi’ Macron allontana un “caso” che potrebbe causare imbarazzo al governo e alla promessa di trasparenza, ma al tempo stesso conserva Ferrand nel cuore del potere.

Ieri i deputati neo-eletti hanno cominciato ad arrivare a Palais Bourbon, per farsi consegnare la “valigetta”, con il regolamento, la sciarpa e il “macaron” tricolore, il badge e il codice di accesso digitale. Il 4 luglio, al voto di fiducia dopo il discorso di politica generale di Edouard Philippe, verrà svelata l’ampiezza dei consensi al governo, al di là della maggioranza En Marche. Ieri il gruppo dei Républicains-Udi, che avrebbe potuto rappresentare la prima forza di opposizione con 130 deputati, si è spaccato: almeno una quarantina sono già pronti ad entrare nel gruppo dei “costruttivi”, guidati da Thierry Solère (ex portavoce di Fillon, che ha abbandonato in tempo il candidato perdente della destra), che, valutando caso per caso, voteranno a favore del governo (a cominciare dalla fiducia). Anche nel Ps ci sono tentazioni simili, anche se i socialisti non pensano ancora a spaccare il gruppo, ridotto all’osso (30 seggi). Alcuni deputati socialisti stanno pero’ già guardando a France Insoumise e al Pcf, con cui potrebbero unirsi nel voto di opposizione.