«Il Libano non può essere abbandonato nella sua solitudine». Francesco ha ripetuto ieri le parole di Giovanni Paolo II (lettera apostolica del 7 settembre 1989), quanto basta a capire come ciclica sia la storia in Libano. Digiuno e preghiera venerdì 4, un mese dopo lo scoppio al porto che ha devastato Beirut e provocato quasi 200 morti, 7mila feriti, 300mila sfollati, già in piena emergenza Covid mai rientrata (ieri 598 casi e sei decessi) e in una crisi economica senza precedenti.

A tenergli compagnia ci pensano Macron (in visita per la seconda volta in meno di un mese) e Trump con i suoi emissari: Pompeo da lontano e in loco il sottosegretario di Stato per gli Affari Politici Hale prima e ieri Schenker, assistente segretario di Stato per gli Affari del Medio Oriente.

MACRON SE NE VA e lascia i compiti da fare. Governo in 15 giorni e una lista di obiettivi e scadenze da uno a tre mesi. Covid: preparare e attuare un piano per l’emergenza. Esplosione: favorire la distribuzione in «modo tracciabile e trasparente» degli aiuti internazionali; ricostruire sotto direttiva di Europa, Banca centrale e Onu; lanciare una gara «neutrale» per la ricostruzione del porto; «indagini imparziali, indipendenti e in tempi ragionevoli».

Energia: riformare il settore e nominare funzionari per l’Autorità di Governo per l’Elettricità nazionale come prevede la legge 462/2002. Finanza: disegno di legge quadriennale sul controllo di capitali che il Fondo monetario internazionale dovrà approvare. Giustizia: indipendenza della magistratura, nomine dei vertici amministrativi in piena «trasparenza e secondo standard di competenza».

Corruzione: nominare i membri della Commissione Nazionale Anti-Corruzione e favorirne l’operato; più controlli ai porti e all’aeroporto. Economia: preparare e votare una manovra correttiva per il 2020 e una finanziaria «armonizzata» per il 2021. Elezioni: votare entro un anno; riformare la legge elettorale affinché aumenti la rappresentanza della società civile.

Poi però marcia indietro sulle elezioni anticipate, priorità agli altri provvedimenti. Probabilmente slitterà anche la riforma della legge elettorale confessionale, radice dei mali del Libano e madre del sistema di potere che ha rovinato il paese.

SCHENKEN «NON HA intenzione di incontrare nessun politico» e preferisce la società civile, fa sapere la diplomazia americana. Pompeo annuncia che sta lavorando a delle sanzioni per Hezbollah, che per entrambi «è causa del problema e impedisce le riforme».

Nonostante le rassicurazioni americane sull’intesa tra Eliseo e Casa bianca, si delinea sempre di più la frattura tra i due proprio sul fronte del partito sciita che i francesi continuano a considerare se non ufficialmente un interlocutore, certamente un attore politico imprescindibile, rappresentanza di una parte cospicua del popolo libanese, mentre è ben nota la posizione americana.
Ora bisogna solo vedere se l’appello di papa Francesco di lasciar «cadere gli interessi di parte» verrà raccolto.