Conciliare la battaglia epocale contro la minaccia di fine del mondo causata dal riscaldamento climatico e rispondere alla protesta dei gilet gialli che non arrivano a fine mese. Di fronte a questa equazione impossibile, ieri Emmanuel Macron ha tentato di rispondere con un lungo discorso previsto da tempo, dove ha presentato le grandi linee della Programmazione pluriannuale dell’energia, per avviare la Francia sulla strada della transizione energetica. Il movimento dei gilet gialli si è introdotto in questo programma, scombinandolo. Alla fine, ieri mattina, Macron ha scontentato tutti, ecologisti, antinucleari, opposizioni di destra e di sinistra e gilet gialli, anche se ha affermato di comprendere «l’allarme sociale» manifestato dalle proteste.

 

Prima di tutto, Macron non cambia “obiettivo”, cioè non cede alle richieste dei gilet gialli sul prezzo del carburante. Sarebbe stato il suicidio politico definitivo, perché avrebbe deluso la ristretta parte dell’opinione pubblica che ancora lo sostiene e che è d’accordo sulla battaglia necessaria al Co2. Ma verso i gilet gialli Macron tende la mano, impegnandosi in un complesso sistema di calcolo (ogni tre mesi) del prezzo dei carburanti in funzione del prezzo internazionale del petrolio: questo avverrà dopo una “concertazione” di tre mesi, realizzata a livello locale. In più, ha chiesto al ministro dell’Ecologia, François de Rugy, di ricevere subito i rappresentanti dei gilet gialli.

Otto “comunicanti” sono stati difatti scelti sulle reti sociali, ma su questi nomi si è subito sollevata una forte contestazione dalla base del movimento, che non si riconosce (sono un camionista, un auto-imprenditore, una cameriera, un addetto alla comunicazione, c’è Priscilla Ludosky, diventata famosa per aver raccolto più di 800mila like alla sua richiesta di abbassare le tasse sui carburanti). I gilet gialli hanno anche redatto una serie di richieste, che vanno da un ribasso generalizzato di tutte le tasse – con citazione specifica anche dei contributi padronali (quelli salariali sono già stati aboliti da Macron per i salari allo Smic) – un aumento dei salari e delle pensioni, il tutto corredato dalla domanda di sottoporre queste misure a referendum popolari. È facile immaginare che il potere non risponderà positivamente a queste richieste.

Per conciliare transizione energetica e potere d’acquisto e renderla “accettabile” per i più modesti, Macron ha istituito un Alto consiglio per il clima, formato da esperti del settore (c’è per esempio Laurence Taubiana, che aveva organizzato la Cop21 da parte francese), che dovranno valutate l’impatto sociale delle misure ecologiche. Lunedì, è stata presentata una legge d’orientamento sulla mobilità, che ha proposto misure (come sviluppo dell’auto condivisa, aiuti detassati a chi è obbligato a fare chilometri per andare al lavoro ecc.) per venire incontro alla cosiddetta «Francia periferica» in difficoltà. Sono anche previsti maggiori aiuti alla conversione energetica anche per le abitazioni (il 50% del Co2 è prodotto dalle abitazioni), per abbassare i consumi.

La programmazione energetica prevede una progressiva diminuzione del peso del nucleare, che in Francia è all’origine del 75% dell’elettricità. Entro il 2028, dovrebbero chiudere tra i 4 e i 6 reattori (sui 58 attivi), a cominciare dalla vecchia centrale di Fessenheim nell’estate 2020. Per il 2035, cioè 10 anni dopo quello che aveva stabilito una legge di Hollande mai rispettata, l’elettricità di origine nucleare dovrebbe calare al 50%. L’impegno è chiudere in 17 anni 14 centrali, ma questo non significa che la Francia uscirà dal nucleare: «Non sono stato eletto per questo», ha precisato. Contemporaneamente, ci saranno interventi per modificare il “mix energetico”, cioè per aumentare il peso delle energie rinnovabili, solare e eolico (con un finanziamento di 8-9 miliardi l’anno). La «neutralità carbone» è fissata per il 2050, a un ritmo rallentato. Le centrali a carbone saranno tutte chiuse entro 4 anni.

Le opposizioni hanno criticato il programma energetico, da tutti i punti di vista. Marine Le Pen, che intende capitalizzare sui gilet gialli, afferma di fronte «al vuoto assoluto» del discorso di Macron di essere stata «convinta di una sola cosa, l’urgenza della transizione politica». Per Jean-Luc Mélenchon è stata «un’ora di rumore presidenziale senza risposte all’insurrezione cittadina». Insoddisfazione dei Verdi: una «politica dei grandi discorsi e dei piccoli passi – per Yannick Jadot – ci rinchiude nel nucleare fallimentare. Non si spegne la collera con belle parole senza atti di giustizia sociale, non si prepara l’avvenire con le energie del vecchio mondo». «Non una parola sulla redistribuzione delle ricchezze, sul livello dei salari e sull’avidità mortifera dell’economia finanziarizzata», per la socialista Laurence Rossignol. Il sindacato Force ouvrière sottolinea che «il salario non è nemico del clima, troppi lavoratori fanno fronte al problema del costo dei carburanti».