Il capo di Stato maggiore francese, il generale Pierre de Villers, si è dimesso ieri mattina dopo una settimana di scontri aspri con il presidente Emmanuel Macron. De Villers aveva criticato gli 850 milioni di tagli alla Difesa previsti dal bilancio 2017. Domenica, lo stesso Macron aveva annunciato quale sarebbe stata la fine della vicenda sul Journal du Dimanche: «Se c’è un diverbio tra presidente e capo di Stato maggiore, il secondo va cambiato».

IL CASO SI ERA aperto già l’ 11 luglio, quando il ministro dei conti pubblici Gérard Darmanin aveva presentato il bilancio del 2017: un quinto dei 4.5 miliardi di tagli previsti riguardavano le operazioni militari, sia quelle interne alla Francia – da ricordare l’Opération Sentinelle per combattere il terrorismo -, sia quelle internazionali, in e in Mali e in Medio Oriente. Il giorno dopo De Villers aveva protestato all’Eliseo durante il consiglio settimanale di Difesa, e aveva ribadito la sua contrarietà davanti alla commissione per la Difesa dell’Assemblea nazionale. Secondo il suo parere, le truppe francesi sono costrette in molti casi a combattere con mezzi inadeguati ai compiti richiesti.

LA REPLICA di Macron era arrivata nel tradizionale discorso alle forze armate dell’Hôtel de Brienne di Parigi. «Per me è indegno che certi dibattiti si svolgano in pubblico», aveva dichiarato il presidente. «Io sono il vostro comandante, prendo degli impegni con i cittadini e io li mantengo. Non ho bisogni né di pressioni, né di commenti». Poi il comunicato trasmesso ieri mattina da De Villers all’agenzia Afp, quasi un atto d’accusa: «Nelle attuali circostanze non sono più in condizione di difendere il modello di esercito in cui credo, per garantire la sicurezza della Francia e dei francesi».

IL GENERALE De Villers – fratello del politico di estrema destra Philippe De Villers – era veterano di Kosovo e Afghanistan, era stato nominato capo di Stato maggiore da Hollande nel 2014 e di recente confermato per un altro anno. Sarebbe stato molto «stimato», in tutti gli ambienti e in particolare tra i militari. Un riconoscimento che gli è arrivato anche dall’Assemblea nazionale: per Patricia Adam, socialista, presidente della commissione per la Difesa durante la presidenza Hollande «è un uomo dai valori forti e pieno d’umanità». In questa chiave le sue dimissioni appaiono come il primo scoglio, non solo personale, che Macron trova sul suo cammino di presidente francese.

FA RIFLETTERE il tema del conflitto: le spese militari, per un Paese che ha il deterrente atomico e presidi militari in Africa (non solo in Mali, anche in Niger, Ciad, Costa d’Avorio, Gabon e Senegal); senza dimenticare quelle nelle avventure militari occidentali in Siria e Afghanistan (e la memoria corta della Francia sulla guerra in Libia di fatto avviata da Parigi). Siamo dunque alla stagione macronista dei risparmi?

SEMBREREBBE di no almeno a leggere una «piccola» notizia di ieri: Macron ha preteso di ingrandire di 5 cm in altezza, poco, il formato del suo ritratto di capo dell’Eliseo affisso nelle sedi dei comuni di Francia, ma sufficienti per rendere inutili le cornici finora utilizzate nei 36mila municipi del Paese. E con una spesa aggiuntiva di 2,7 milioni di euro per i comuni, dopo averli esortati a «fare economia. Tanto Bonaparte non paga.