Un attacco congiunto di gendarmi e polizia, in Argentina, ha lasciato un saldo di circa 80 feriti o contusi. Tra questi, almeno 16 bambini fra i 4 e gli 11 anni, colpiti da proiettili di gomma, ma anche da pallottole vere. L’episodio è accaduto a Bajo Flores, un quartiere povero a sud di Buenos Aires detto Villa 1-11-14. Secondo il racconto dei testimoni, che hanno mostrato foto e video ai giornalisti, un convoglio composto da diversi veicoli ha cercato di entrare a forza nel quartiere, dove si stava svolgendo una festa popolare a base di murga. Una festa animata dal gruppo Los auténticos reyes del Ritmo, composto anche da diversi ragazzini. I cittadini hanno chiesto al convoglio di passare da un’altra parte per evitare incidenti con la gente che ballava per strada. Gli agenti, invece, hanno continuato ad avanzare.

I mezzi del convoglio «hanno sfiorato alcuni bambini, facendoli cadere», hanno raccontano i componenti del gruppo. Gustavo “Marola” Gonzalez, direttore del collettivo artistico ha affermato: «Gli dicevamo: per favore, aspettate, ma loro andavano avanti. Alla fine, un gendarme mi ha insultato, mi ha spinto e ha sparato. Disperato, mio figlio Jonathan si è messo davanti a me e ha ricevuto un proiettile in una gamba. Poi hanno sparato proiettili di gomma dappertutto, appena sono riuscito a rialzarmi, ho cominciato a correre per mettermi al riparo».

Diversa la versione dei gendarmi, che sostengono di essere stati accolti a colpi di arma da fuoco mentre stavano effettuando una ricognizione alla ricerca di macchine rubate, e di aver avuto due feriti. Il Frente Para la Victoria, il partito dell’ex presidente Cristina Kirchner, ha accompagnato i testimoni in Procura e ha messo l’accento sul clima che il neoliberista presidente Mauricio Macri sta instaurando nel paese. Un clima di impunità per quelle forze reazionarie eredi della dittatura, «quando il carnevale veniva vietato, insieme a molte altre manifestazioni artistiche».

Metodi analoghi sono già stati usati contro i lavoratori in sciopero, e sono già oltre 24.000 i licenziamenti effettuati nel settore pubblico da Macri: che va avanti come uno schiacciasassi a colpi di decreto per smontare pezzo per pezzo le conquiste sociali realizzate negli anni di Kirchnerismo. Per cancellarne ogni traccia, Macri ha fatto rimuovere dalla Casa Rosada il ritratto di Nestor Kirchner e quello del defunto presidente del Venezuela, Hugo Chavez. La stessa procedura seguita a Caracas dalle destre maggioritarie in Parlamento, che contano di riportare indietro l’orologio progressista dell’America latina costruendo con un nuovo asse conservatore.

Evidentemente, fa notare la sinistra, il presidente-imprenditore intende seguire la strada degli Usa e del Messico non solo per quel che riguarda il corso economico, ma anche per quello repressivo: in questo supportato dai suoi alleati come il governatore della provincia di Jujuy, Gerardo Morales, membro del partito Cambiemos. Morales ha mandato in carcere la deputata indigena Milagro Sala, il 16 gennaio. Eletta al Parlasur (il Parlamento del Mercosur) e dirigente del partito Tupac Amaru, Sala è stata accusata di «istigazione al tumulto» per aver appoggiato le rivendicazioni dei lavoratori delle cooperative, nel mirino delle politiche neoliberiste. In questi giorni, è stato messo in carcere anche uno dei figli della deputata, attivo nelle manifestazioni. Per la liberazione di Milagro e contro i licenziamenti, si stanno svolgendo in questi giorni numerose manifestazioni.

Oltre al Parlasur, ai governi bolivariani e ai movimenti sociali latinoamericani, per Milagro si è mobilitato un gruppo di eurodeputati. Numerose organizzazioni per i diritti umani hanno manifestato forte preoccupazione per la piega che stanno prendendo le cose in Argentina: un paese che, solo con il kirchnerismo aveva cominciato a fare in conti con il suo passato e con una dittatura che si è lasciata dietro oltre 30.000 scomparsi. Un gruppo di giuristi, capitanati dall’avvocato Eduardo Barcesat, ha denunciato Macri e il suo governo «per abuso d’autorità rispetto ai doveri di un funzionario pubblico»: ovvero per per la raffica di Decreti di necessità e urgenza (Dnu) messi in atto il giorno dopo l’assunzione d’incarico, approfittando del periodo di vacanza del Parlamento.

E intanto, un altro fronte determinante per la sovranità del paese è stato aperto in gran segreto da Macri e dal suo ministro delle Finanze, Luis Caputo: quello dei fondi avvoltoi, i fondi speculativi diretti da Washington, le cui pretese erano state ridimensionate dall’azione congiunta di Cristina Kirchner e dei paesi bolivarianiche guardano al sistema dei Brics. Per il suo nuovo governo, Macri si è circondato di uomini graditi alle grandi istituzioni internazionali. E ieri ha annunciato la ripresa della mediazione con i buitres.

Caputo si è già riunito a New York con il giudice Thomas Griesa, che ha assunto la causa dei fondi avvoltoio. E ora incontra il mediatore giudiziario Daniel Pollack, per presentare una proposta formale di pagamento ai fondi speculativi, che pretendono il saldo in un’unica rata e a un tasso che nega gli accordi presi tra il governo e la maggioranza dei fondi, dopo il default del 2001. L’accordo dovrà però passare al vaglio della legge «per un rimborso giusto e sovrano», e di un referendum approvato dal Parlamento.